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Il pastore aedo che ha scelto la vita tra i pascoli
A Sant’Angelo Muxaro un giovane porta avanti il mestiere di famiglia da sei generazioni ed è l’unico custode di un canto che si tramanda di padre in figlio
di Giulio Giallombardo
11 Maggio 2021
Una vita a dorso di mulo, scandita da albe e tramonti, seguendo a passo lento il trascorrere delle stagioni. Sotto il sole accecante dell’estate o tra gelate invernali, nelle campagne di Sant’Angelo Muxaro c’è chi ha scelto di proseguire un mestiere antico. È Angelo Greco, 28 anni, di professione pastore. Per spostarsi tra la casa in paese e la sua stalla ha preferito al volante di un’auto, le briglie di un mulo, “tanto – confessa – se serve un passaggio, qualcuno si trova sempre”. A Sant’Angelo, borgo di mille abitanti disteso su una collina affacciata sulla valle del Platani, tutti conoscono Angelo: occhi azzurrissimi che risaltano nel viso già abbronzato dal sole di primavera.
Lo incontriamo in occasione della tappa a Sant’Angelo di Borghi dei Tesori On Air, il nuovo format delle Vie dei Tesori alla scoperta della Sicilia autentica, un’invasione digitale tra monumenti, artigiani, cibo e tradizioni dei piccoli centri lontani dai grandi riflettori del turismo (ve ne abbiamo parlato qui). Angelo si presenta in sella alla sua mula appena acquistata e a tratti indomita: coppola in testa e sguardo solare, sembra sbucare da un’altra epoca. Ma siamo nel 2021, in un angolo remoto della Sicilia, dove ancora si dilata il tempo come in una bolla e il futuro può attendere.
Mentre le nuove generazioni, marchiate da uno stigma sempre più “liquido”, inseguono spesso chimere, c’è chi ancora è capace di fare scelte inattuali e in controtendenza. Così, Angelo, sposato e con quattro figli, ha deciso di fare il pastore come il padre e prima ancora il nonno, seguendo una tradizione di famiglia lunga sei generazioni. È la disciplina della terra che lo fa alzare ogni mattina alle 5, salire in groppa alla sua mula e scendere dalla sua casa nel centro del paese, fino alla stalla alle pendici del vecchio castello di Sant’Angelo. Ad attenderlo ci sono le sue 200 pecore che ogni giorno porta al pascolo, per poi rientrare intorno alle 5 del pomeriggio.
Grazie al suo gregge, Angelo produce circa 200 litri di latte al giorno. Prima era lui a fare il formaggio, ma poi è arrivata la crisi e adesso vende direttamente il latte a un caseificio calabrese. Ha costruito da solo un pagliaio con una mangiatoia e si è attrezzato con due celle refrigeranti che “gli hanno cambiato la vita”, mantenendo il latte alle giuste temperature. Poco distante dalla sua stalla, dove alleva anche agnelli che vende ai macellai della zona, ha costruito anche un’altra casa dove trascorrere l’estate con la sua famiglia.
Ma il giovane pastore di Sant’Angelo – che conosciamo grazie a Pierfilippo Spoto, operatore turistico esperienziale e grande esperto del territorio – è custode di un’altra tradizione che la sua famiglia porta avanti da generazioni. È l’unico, insieme a un altro santangelese, a conoscere un canto liturgico che si declama tra i vicoli del borgo durante la processione del Venerdì Santo. Una lamentazione ipnotica e vibrante, che il pastore improvvisa per noi, accanto alla sua mula, tra le campagne di Sant’Angelo. Il suo canto salmodiante risuona come un monito, a ricordarci che qualche volta è meglio rallentare e fermare il tempo.