◉ STORIE
L’ultima finestra di Porta Termini, baluardo di Palermo al tempo dei Borbone
Rimangono solo poche vestigia dello storico accesso alla città, tra cui un elegante balconcino. Un tempo era un imponente arco trionfale di trenta metri, abbellito da una sontuosa facciata, con una ricca balconata. Fu smantellata nella metà dell’Ottocento, negli anni dell’epopea garibaldina
di Emanuele Drago
7 Novembre 2023
di Emanuele Drago*
Nella recente versione restaurata del celebre film di Luchino Visconti, “Il Gattopardo”, c’è una scena in cui il giovane Tancredi, seduto al centro di una ricchissima tavola imbandita, narra le gesta dell’ingresso vittorioso dei garibaldini a Palermo. E nel far ciò, cita anche la presa di Porta Termini, tra l’altro immortala in maniera posticcia e un po’ improbabile in una irriconoscibile piazza Magione. Va detto che in quegli anni la porta era stata già in gran parte smantellata dagli stessi Borbone che, in seguito al moto popolare del 15 giugno del 1820, la considerarono sempre più come un pericoloso avamposto per i rivoltosi.

Confronto tra l’attuale area di Porta Termini e la ricostruzione grafica realizzata dagli architetti C. Lo Curto, V. Motta, F. Terranova, dal volume “Pax Vobis. La Compagnia della Pace e la chiesa di Santa Venera a Palermo”, a cura di C. Gino Li Chiavi
Oggi, di quello splendido manufatto, rimane ben poco, ed occorre una certa capacità d’osservazione per poterne ricostruire le fattezze. In origine, l’antica porta civica era attaccata a un baluardo (il baluardo di Porta Termini) che comprendeva tre diversi corpi paralleli. Il primo corpo era costituito dal Monte Santa Venera, mentre il secondo dall’Oratorio della Pace; infine, un terzo corpo era adibito esclusivamente a cameroni.

Via Garibaldi come appare oggi
La porta, la cui esistenza era già attestata fin dal Dodicesimo secolo in alcuni atti notarili, aveva la funzione di connettere la città con la campagna meridionale, prima verso la zona della Guadagna e poi, più oltre, in direzione della località di Termini Imerese. Per la verità, ancora oggi non c’è unanimità sull’origine del toponimo. Secondo alcuni storici, infatti, il termine più che indicare la direttrice della cittadina d’Himera, intendeva fare riferimento alle vicine terme ubicate accanto al castello di Maredolce.

Un’immagine di Porta Termini, nel riquadro la finestra ancora visibile oggi (Antonio Bova, Porta Termini e l’oratorio della Pace, da A. Mongitore, Le porte della città di Palermo al presente esistenti, 1732)
Tra le tante ristrutturazioni a cui nei secoli la porta venne sottoposta, si ricorda certamente quella del 1575, quando, sotto la volta del fornice, venne raffigurata l’immagine della Madonna dell’Itria, mentre sul prospetto esterno vennero ritratti i santi Sebastiano e Rocco, antichi protettori della città contro la peste. Un’altra grande ristrutturazione fu quella del 1724 che venne favorita dal fatto che, già qualche decennio prima, la potente Compagnia della Pace aveva deciso di trasferirvi, sopra i locali della porta stessa, il proprio oratorio. In quel fatidico anno, infatti, essa assunse le fattezze di un grande arco trionfale alto addirittura oltre trenta metri.

Resti di Porta Termini in via Garibaldi
L’arco era abbellito da una sontuosa ed imponente facciata, scolpita con pietra da taglio, in cui nel primo ordine spiccava una elegante balconata esterna, con ai lati le statue di Santa Venera e Santa Rosalia. Oggi, dopo quella sciagurata scelta di abbattere la porta, voluta dai Borbone e messa in atto nel 1852 dal Generale Filangeri, principe di Satriano, possiamo solo ammirarne qualche vestigia. Camminando lungo la parte iniziale di via Garibaldi, non sarà difficile cogliere, nella parte inferiore, il fornice laterale della porta, mentre nella parte superiore (in quelle che appaiono come delle merlature di un castello) le impronte delle finestre interne dell’oratorio che sovrastava la porta. Non mancano neppure le tracce d’intonaco del lungo sedile in cui si sedevano i confrati.
Purtroppo, ad oggi della facciata non è rimasto nulla, se non una suggestiva apertura che è possibile ammirare, non senza una certa emozione, ogni volta che si attraversa via Garibaldi. Una elegante finestra con balconcino, stilizzata da un piccolo timpano dalla forma ovale, che ha il potere di far immaginare quanto dovette essere bella.
*Docente e scrittore