Quel delitto tra i boschi nel borgo degli “Ammalati”
Flagellata da terremoti in un territorio ricco di faglie, Santa Maria degli Ammalati, frazione di Acireale alle pendici dell’Etna, è un luogo pieno di storie e leggende
di Livio Grasso
28 Giugno 2022
Minuscola frazione di Acireale che sorge a ridosso della Timpa, Santa Maria degli Ammalati è uno dei borghi più rappresentativi del Bosco di Aci, un tempo imponente area verde di querce e castagni che si estendeva nel versante orientale dell’Etna. Il territorio, prevalentemente lavico, si sviluppa all’interno di due faglie attive che corrono attraverso la zona Molino Testa d’Acqua di Santa Maria La Scala e l’area meridionale di Santa Tecla.
Le fonti storiche riferiscono che il paese è da sempre stato al centro di violenti terremoti, influenzando molto lo sviluppo dell’abitato e della vita sociale. L’evento più catastrofico si data al 1693, anno in cui la borgata fu colpita dal terribile sisma che ebbe pure degli effetti distruttivi in buona parte della Sicilia orientale. Di questa calamità ne parla proprio un documento d’archivio che rilascia una preziosa testimonianza sulla storia del borgo. A quanto pare, già dal 17esimo secolo, la contrada vantava un piccolo centro abitato. A confermarlo, sarebbe proprio la presenza di una chiesa dedicata a Maria degli Ammalati.Sulla base di quanto tramandato, l’edificio di culto si trovava in un tratto di campagna che faceva parte del Bosco di Aci. Proprio nelle vicinanze della chiesetta, precisamente il 15 settembre 1658, avvenne un atroce delitto. Si trattò del reverendo don Giovanni Battista Grasso, che quel giorno venne in sede per celebrare la messa. Subito dopo la liturgia, il sacerdote si incamminò nei sentieri boschivi per fare ritorno ad Acireale. Improvvisamente, però, venne accerchiato da cinque briganti che lo uccisero brutalmente a sassate.Questa notizia, oltre a testimoniare la pericolosità del bosco, conferma con assoluta certezza che la comunità del paese disponeva già di una piccola cappella in cui potersi riunire. Per di più sappiamo che la parrocchia fu costruita il 14 giugno 1627 sotto l’impulso di Jacobo Grassi, ricordato come uno dei più ricchi possidenti terrieri. Secondo alcuni racconti popolari, inoltre, il titolo di “Madonna dei Malati” ha una certa attinenza con le epidemie di peste che a quell’epoca imperversavano nella zona.Non a caso, pare che a fianco della cappella fosse presente un piccolo lazzaretto per accudire gli appestati. Un’altra tradizione, invece, riporta che il soprannome Maria degli Ammalati allude alla funzione protettiva della Madonna nei confronti degli abitanti locali costantemente minacciati dagli assalti dei banditi. In ogni caso, dopo il cataclisma del 1693, la chiesa venne ricostruita nella prima metà del 18esimo secolo grazie al supporto dei discendenti del Grassi e di fra’ Mariano Cavallaro.La parrocchia attuale risale al 1865 e, per la sua edificazione, ebbero un ruolo di primo piano i contributi offerti da don Rosario Borzì, don Giovanni Pennisi Platania e dal Decurionato di Acireale. Saltano all’occhio gli incantevoli affreschi della volta, realizzati dall’artista Giuseppe Spina Caprizzi. A lui si attribuiscono pure i tre dipinti dell’area absidale intitolati “La gloria dell’Agnello”, “L’uccisione di Abele” e “Mosè e le Tavole della Legge”. Di grande valore era pure il campanile gotico-normanno progettato da Mariano Panebianco, importante architetto acese. Tuttavia, nel 1914 il complesso religioso fu gravemente danneggiato da un altro fenomeno sismico che ha provocato la demolizione del campanile, della navata, della volta e della cupola. Ben presto, però, tutto è stato restaurato ex novo. Il borghetto di Santa Maria degli Ammalati è anche apprezzato per la fertilità dei suoli e l’abbondante produzione di vini, olio e limoni.