Quel puzzle di opere con tanti pezzi da ricomporre
Tornate quattro tele nella chiesa del Santissimo Salvatore, ma ancora mancano all'appello altri tesori che si stanno individuando
di Guido Fiorito
7 Agosto 2019
Può una chiesa dalla storia travagliata tornare al suo antico splendore? Nella storia del Santissimo Salvatore c’è qualcosa di epico, l’impegno degli uomini che si oppone agli schiaffi e al caos della storia. Il 6 agosto per San Salvatore, la festività della Trasfigurazione di Gesù, quattro tele sono tornate ai loro posto all’interno del monumento. Negli anni Venti del Novecento, la chiesa del Cassaro, nel cuore di Palermo, fu sul punto di essere distrutta. La cupola era a rischio di crollo, molte opere furono portate via. La demolizione fu evitata, ma i bombardamenti del 1943 inflissero gravissime ferite. Dal 2013, l’associazione Amici dei Musei Siciliani ha fatto di questo monumento un simbolo del riscatto del centro storico di Palermo, riaprendola ai visitatori. La cupola è stata messa in sicurezza, aperta la terrazza, ripulite le preziose decorazioni marmoree, rifatto l’impianto di illuminazione a led, installato un sistema di videosorveglianza. Poi è iniziato l’impegno a riportare nel sito le opere d’arte disperse.
In questo processo, dopo il restauro degli affreschi di Vito D’Anna, si è festeggiato il ritorno di due tele del Borremans nella cappella di Santa Rosalia e due di Filippo Tancredi nel Presbiterio. “Una restituzione – ha detto Bernardo Tortorici, presidente dell’associazione – verso un luogo che ha una storia complessa”. Un prezioso puzzle in cui si stanno cercando di trovare le altre tessere mancanti. Alcune identificate, come una statua dell’Assunta attualmente nella chiesa dei Teatini, altre in via d’identificazione: la pala della cappella di Santa Rosalia sarebbe finita a Misilmeri. “Mancano all’appello – dice Gabriele Guadagna, storico dell’arte impegnato nella ricerca – le pale d’altare delle cappelle di San Biagio e San Basilio, ma non disperiamo”. Aggiunge Tortorici: “Siamo nemmeno a metà dell’opera mancano sette opere. Alcune individuate, alcune le stiamo ancora cercando”. Dove oggi sono delle tende gialle rispunteranno altre tele. Il puzzle si andrà completando.I due immense quadri di Filippo Tancredi, pittore messinese, raffigurano “Abigail che offre doni al Re Davide” e “Mosè che conduce il popolo ebreo nel deserto” sono tornati al loro posto sui lati di quello che una volta era il presbiterio e ospitava l’altare. Provengono dai magazzini di Palazzo Abatellis. Le tele del fiammingo Borremans, San Pantaleone e Maria Maddalena, hanno lasciato il Museo diocesano e sono state ricollocare nella cappella di Santa Rosalia. “Si realizza – dice Tortorici – l’idea del Grande Abatellis, ovvero di un museo diffuso per l’intera città”. Un risultato in cui laici e religiosi, ovvero la Curia, il Museo diocesano e quello di palazzo Abatellis, l’associazione Amici dei musei e la Soprintendenza, si sono uniti nella stessa direzione.Le tele del Borremans sono state restaurate da Mario Sebastianelli e Rachele Lucido nel laboratorio diocesano con fondi degli Amici dei musei, derivato dal 2 per mille. “Le due opere – spiega Lucido – non erano state mai restaurate, c’erano ancora i chiodi originali in canna. Hanno rivelato tanto sulla tecnica usata dall’artista fiammingo che metteva grani inerti miscelati nella composizione della preparazione lasciati a vista, come se volesse riprodurre al cavalletto la tecnica sui muri dei suoi affreschi”.Un altro protagonista del recupero delle opere è il rettore della chiesa, monsignor Gaetano Tulipano: “Ricollocati al loro posto – spiega – le tele ritrovano il loro significato religioso. I quadri di Tancredi erano legati all’eucarestia, quelli del Borremans si collegano ad aspetti di santa Rosalia; la componente di compassione e taumaturgica di San Pantaleone, un medico che curava gratis gli infermi e fu martirizzato, e la scelta di Maria Maddalena, che va identificata con Maria di Magdala, di una vita di penitenza da eremita in una grotta come appunto scelse santa Rosalia”.