◉ PALERMO
Tesori di roccia a Cefalù: al via la mappatura delle pietre identitarie
Presentato un progetto triennale per la valorizzazione della “lumachella”, formazione geologica tipica della cittadina normanna, con cui è stato costruito il centro storico e alla base dei più importanti monumenti. Previsti incontri didattici, convegni e visite guidate
di Ruggero Altavilla
19 Febbraio 2024
Sono rocce composte da piccole conchiglie fossili risalenti a milioni di anni fa. Tesori geologici con cui è stato costruito il centro storico di Cefalù e alcuni dei monumenti più importanti della cittadina normanna. Pietre “identitarie” a cui adesso è dedicato un progetto pilota dell’Archeoclub d’Italia, presentato nei giorni scorsi, di cui sono partner le maggiori istituzioni culturali del territorio: oltre alle scuole, in prima linea il Parco delle Madonie; la Diocesi di Cefalù; l’Archivio storico diocesano di Cefalù; il corso di laurea in Architettura dell’Università di Palermo; l’Ordine regionale dei Geologi; la Fondazione Mandralisca e la cooperativa Il Segno-Itinerarium Pulchritudinis.
L’obiettivo del progetto triennale è di studiare la “lumachella” di Cefalù, preziosa roccia calcarea, presente nel geosito della Rocca, mappando siti, monumenti, luoghi, strade che nel tempo sono state realizzate con questa roccia. Allo stesso tempo, l’intenzione è formare la comunità locale per promuovere gli aspetti archeologici, storici e culturali di questa particolare formazione geologica.
“La pietra ‘lumachella’, cavata dalla grande Rocca che sovrasta Cefalù – spiega Stefania Randazzo, storico dell’arte e presidente della sede di Cefalù dell’Archeclub d’Italia – è il materiale impiegato per la costruzione degli edifici più antichi e per le imponenti fortificazioni dette mura megalitiche, per i cippi funerari della necropoli ellenistica nonché per le fondamenta del Duomo arabo normanno e di antiche abitazioni. Si ritrova nei partiti architettonici di chiese e palazzi, nella pavimentazione stradale, negli arredi almeno fino agli anni ’50 del Novecento, costituendo quindi con la sua colorazione e il suo aspetto l’elemento più significativo per la caratterizzazione dell’identità di questo luogo”.
Il progetto – che prevede, tra l’altro, l’istituzione della Giornata della pietra Lumachella, con con visite guidate, incontri e convegni – si articolerà in tre ambiti principali. La parte scientifica, con partner il corso di laurea in Architettura dell’ateneo di Palermo, l’Archivio storico diocesano di Cefalù e l’Ordine dei Geologi, si propone la creazione di un gruppo di lavoro che si occupi di stabilire i criteri di azione per la mappatura e schedatura dei manufatti, sia nella pavimentazione che nei prospetti degli edifici del centro storico di Cefalù. Saranno, inoltre, promossi incontri di formazione rivolti ai docenti, ai soci di Archeoclub e alla cittadinanza che approfondiscano i vari aspetti scientifici e culturali per elaborare proposte concrete da sottoporre alle istituzioni per la valorizzazione e tutela della pietra Lumachella.
Una seconda sezione è dedicata alla didattica. Previsti incontri con gli studenti, per divulgare le conoscenze e i nuovi studi sulla pietra lumachella e sulla rocca di Cefalù. Infine la promozione del progetto con la Diocesi, la cooperativa Il Segno e la Fondazione Mandralisca.
“Le rocce sono simbolo di identità – ha aggiunto Salvatore Caltagirone, commissario straordinario dell’Ente Parco delle Madonie – e questo progetto è destinato a rafforzare il senso di appartenenza al territorio da parte della comunità madonita intorno ad una roccia tipica e del suo impiego, nell’anno in cui il Parco celebra il ventesimo anniversario di partecipazione al prestigioso progetto internazionale dei Geopark, i parchi di elevato valore geologico dal 2015 riconosciuti anche dall’Unesco. Le rocce che costituiscono le montagne del geoparco madonita abbracciano le evoluzioni geologiche che dal Trias medio (circa 240 milioni di anni fa) arrivano sino all’Olocene (posteriori alle glaciazioni pleistoceniche). Da qui l’importanza scientifica degli affioramenti rocciosi madoniti che consentono di eseguire delle ricostruzioni paleo-ambientali dell’attuale area mediterranea”.
“Condividiamo questo progetto – ha sottolineato Renata Prescia, ordinario del Dipartimento di Architettura dell’Università di Palermo – perché crediamo che l’identità passi attraverso la materialità e le cose concrete e non su valori astratti e come tali di percezione soggettiva; perché le nostre città, piccole o grandi che siano, sono fatte di questa materia e le comunità vivono, riconoscono, utilizzano questi spazi. Questo significa al contempo anche curare queste pietre, assicurarne la manutenzione e conservazione, ma anche il recupero di una cultura costruttiva e una tradizione artigianale, che al pari dell’innovazione, deve essere salvaguardata e non dispersa”.