Tornano alla luce i tesori siciliani nascosti nei depositi

Firmata la Carta di Catania, con cui si autorizzano i luoghi della cultura a concedere l'uso del patrimonio custodito nei magazzini per la fruizione e la valorizzazione

di Redazione

30 Novembre 2020

I beni culturali siciliani custoditi nei depositi regionali si mettono in vetrina in luoghi pubblici o privati aperti al pubblico. Lo prevede quella che è stata ribattezzata Carta di Catania, un decreto firmato dall’assessore regionale ai Beni culturali, Alberto Samonà, con cui si autorizzano soprintendenze, parchi archeologici, musei, gallerie e biblioteche, a concedere in uso per la valorizzazione e la pubblica fruizione il cospicuo patrimonio in giacenza nei depositi.

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Museo Diocesano di Catania

Il decreto – fanno sapere dall’assessorato di via Delle Croci – va ascritto all’impegno della soprintendente dei Beni culturali di Catania, Rosalba Panvini che, in linea con i contenuti del decreto, ha già aperto i caveau della Regione per esporre nella sala pinacoteca del Museo Diocesano di Catania le importanti raccolte Urzì e Nicolosi. I beni a cui si fa riferimento nella Carta di Catania sono quelli acquisiti per confisca, quelli donati o consegnati spontaneamente, quelli di più vecchia acquisizione per i quali sia stata smarrita la documentazione e, in generale, quelli deprivati di ogni riferimento al loro contesto di appartenenza.
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Una mostra al Museo Salinas di Palermo

Gli istituti periferici della Regione dovranno ora provvedere alla formazione degli elenchi di beni, suddivisi per lotti omogenei in relazione alle caratteristiche storico-culturali o tipologiche. Per tale attività si potrà anche fare ricorso a studenti universitari in discipline connesse alla conservazione dei beni culturali che opereranno in regime di tirocinio formativo. Con la Carta di Catania si ottiene, sostanzialmente, una deroga al decreto numero 1771 del 2013 che regolamenta l’uscita dal territorio della Regione Siciliana dei beni culturali facenti parte delle collezioni di musei, pinacoteche, gallerie, archivi e biblioteche.
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Museo archeologico di Caltanissetta

La concessione in uso di beni culturali in giacenza nei depositi – spiegano ancora dalla Regione – sarà subordinata al pagamento di un corrispettivo che potrà avvenire, oltre che in denaro, anche attraverso la fornitura di beni e servizi destinati al patrimonio oggetto della concessione, o in favore di altri beni in giacenza nel medesimo deposito di provenienza o, ancora più in generale, attraverso azioni che mirano a proteggere e valorizzare il patrimonio regionale quali, a titolo esemplificativo: restauro, analisi archeometriche, catalogazione, pubblicazione e marketing. Altre modalità previste potranno essere la fornitura di beni, servizi, infrastrutture o migliorie in favore del deposito di provenienza dei beni, misure da concordarsi di volta in volta con l’istituto concedente.
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Alberto Samonà

“Un intervento rivoluzionario – sottolinea l’assessore Samonà – grazie al quale migliaia di beni culturali, spesso non inventariati e conservati nei depositi dei musei e degli altri luoghi della cultura regionali, potranno essere finalmente esposti e fruiti da tutti. La Carta di Catania offrirà, altresì, nuove opportunità ai giovani professionisti che saranno chiamati a lavorare da esterni a fianco dell’amministrazione e dei privati per rendere possibile l’attuazione dei progetti di concessione in uso dei beni richiesti”.
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Il Museo regionale di Messina

Sarà adesso compito del dirigente generale del Dipartimento, Sergio Alessandro, predisporre lo schema unico di bando pubblico che dovrà stabilire i criteri per la concessione in uso che potrà avere una durata compresa tra i due ed i sette anni, prorogabile una sola volta. Le soprintendenze dei rispettivi territori vigileranno sui beni che saranno affidati. “Il documento, che sancisce un’importante svolta nella gestione del patrimonio regionale – afferma Rosalba Panvini – è frutto di un lavoro di squadra che ha portato in brevissimo tempo ad un’importante innovazione nella complessiva gestione e valorizzazione dei beni culturali cosiddetti minori”.