Trovate sepolture sotto San Giovanni degli Eremiti

Presentati i risultati dei saggi di scavo realizzati nel monumento arabo-normanno di Palermo, che fa parte dell'itinerario Unesco

di Guido Fiorito

12 Febbraio 2020

Saggi di scavo e ricerche documentarie e iconografiche, per sapere di più su San Giovanni degli Eremiti, monumento che fa parte dell’itinerario arabo-normanno dell’Unesco a Palermo e che attira decine di migliaia di visitatori da tutto il mondo. Un compito non facile, per la sovrapposizione di interventi, in particolare quello del restauro ottocentesco diretto da Giuseppe Patricolo che mirava alla ricostituzione di una ideale purezza medioevale anche a costo di demolizioni. Altre furono fatte negli edifici adiacenti a fine Ottocento per realizzare la strada.

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Scavi a San Giovanni degli Eremiti

Cinque studiosi, hanno fatto il punto, in un incontro organizzato dalla Soprintendenza ai Beni culturali di Palermo, a Palazzo Ajutamicristo. Dopo l’introduzione della soprintendente Lina Bellanca, Teresa Torregrossa, autrice di una monografia sul monumento, ha spiegato come San Giovanni sia sorto nei giardini del Palazzo reale vicino al torrente Kemonia e a ridosso delle mura normanne. Fu costruita sotto il regno di Ruggero II. Il restauro di Patricolo del 1880 mise in luce un ampio edificio vicino al transetto destro della chiesa, che si ipotizzò essere stata in origine una moschea, tanto da chiamarlo “sala araba”. Due saggi di scavo, realizzati l’anno scorso durante il rifacimento del percorso turistico, fanno, invece pensare che sia stata costruito in età normanna. “Abbiamo trovato – ha detto l’archeologa Carla Aleo Nero – delle sepolture che fanno parte di una necropoli di età islamica e recuperato dei frammenti ceramici della stessa epoca”. Nella stratigrafia non c’è altro fino al livello della pavimentazione della sala. “I normanni – ha detto l’archeologo Stefano Vassallo – costruirono la chiesa sopra l’area della sepoltura, sul ciglio della parete rocciosa che scendeva verso il Kemonia”.
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Il chiostro di San Giovanni degli Eremiti

Altre ricerche riguardano la cappella dei santi Filippo e Giacomo. L’archivista Paola Scibilia ha illustrato due documenti del XV secolo con notizie inedite sulle opere murarie della chiesa. Uno del 1461 contiene l’elenco di lavori commissionati da Giliforte de’ Bonconti, abate commendatario di San Giovanni, di origine pisana. Si tratta di rendere impermeabile il tetto della chiesa, di costruire un muretto sul terrazzo sommitale, di riparazioni e rifacimento in sagrestia dove pioveva dentro, della demolizione dell’altare maggiore e la ricostruzione in posizione più arretrata, di pavimentare il piano esterno alla chiesa e di interventi nel dormitorio. Il tutto per 29 onze, una somma considerevole.
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Interno della chiesa

L’anno successivo un altro documento testimonia i lavori affidati a maestri di Cava dei Tirreni, fatti appositamente venire in Sicilia, per il rifacimento integrale della copertura con volta a crociera della cappella dei santi Filippo e Giacomo, contenuta anch’essa nella cosiddetta “sala araba”. Su una parete esistono tre affreschi in parte rovinati ma di cui lo storico dell’arte Giovanni Travagliato ha potuto ricostruire l’iconografia e proporre una datazione. Al centro, acefala, c’è una Madonna Odigitria, ovvero che indica il cammino. “È una immagine ripresa in affresco – ha detto – dai mosaici bizantini, come quello della Cappella Palatina. La Madonna indica il figlio che è piccolo ma con fattezze di adulto. Si tratta di un affresco bizantineggiante della seconda metà del Duecento. I santi sono appunto gli apostoli Filippo e Giacomo D’Alfeo detto il minore, raffigurati insieme perché i loro corpi furono portati e deposti a Roma nella cripta della Basilica dei Santi XII apostoli”.
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San Giovanni degli Eremiti

Di San Giovanni degli Eremiti esistono anche due modelli che furono mostrati durante l’Esposizione nazionale di Palermo del 1891-92, la cui storia è stata ricostruita dall’architetto Salvatore Greco. Furono realizzati da Giovanni Rutelli, un maestro nell’intagliare la pietra che ebbe riconoscimenti internazionali e fu protagonista del restauro della chiesa al tempo del Patricolo, quando furono inserite nuove pietre per consolidare i muri. I modelli di solito erano in legno o gesso, questi sono invece in pietra, in scala uno a due. Oggi si trovano nei locali dell’ex facoltà di architettura in via Maqueda. “Quello che ammiriamo oggi a San Giovanni degli Eremiti – ha detto Greco – è anche frutto dell’arte di questo intagliatore”.