Un viaggio a dorso di mulo per riscoprire gli asini di Pantelleria
27 Aprile 2021
Dopo il ritorno di cinque esemplari nell’isola per il recupero della razza, un gruppo di ragazzi raggiungerà il Piemonte, attraversando tutta l’Italia a piedi
di Lilia RiccaLa sua presenza nell’isola risale a prima del 40 dopo Cristo, data di morte dello scrittore romano Columella che nelle descrizioni delle pratiche agricole in uso nelle aree mediterranee dell’Impero, nel “De Rustica”, parla dell’allevamento di “ottimi asini usati per produrre muli”. Sono trascorsi trentadue anni da quando l’ex Azienda regionale Foreste demaniali ha avviato un progetto di recupero della razza asinina di Pantelleria prima dell’ammissione al registro anagrafico delle razze equine nel 2006. Oggi, un accordo tra la Regione Siciliana e il Parco nazionale di Pantelleria riporta a casa un piccolo nucleo di cinque asini panteschi, uno stallone e quattro-cinque fattrici fino ad ora custodito nel demanio forestale “San Matteo”, di Erice.
L’asino pantesco per natura forte, robusto e devoto ma più alto rispetto alle altre razze, nel tempo è diventato uno dei simboli di Pantelleria. Presente quasi in ogni famiglia, utilizzato nei pellegrinaggi fino al Santuario della Margana, in tempi più recenti nelle manifestazioni folcloristiche come il Palio del lago o “cursa di li scecchi”. Citato in numerose pubblicazioni di varie epoche, nel 2007 l’asino è stato inserito su un raro francobollo dalle Poste Italiane.La scommessa sembra vinta. Prima di una reintroduzione a pieno titolo nell’isola, si valuterà la capacità di adattamento della specie, mentre in prospettiva c’è l’idea di allevare gli animali per il trasporto di materiale nelle aree protette, in campo turistico per le escursioni e in campo terapeutico per la disabilità. “Un segnale importante di come il governo regionale sia attento alle esigenze del territorio, a partire dalle periferie che possiedono grandi potenzialità – ha dichiarato l’assessore regionale all’Agricoltura, Toni Scilla – . La sinergia tra la Regione e l’isola di Pantelleria punta a salvaguardare e rilanciare il territorio anche per l’aspetto socio-economico”. Secondo il presidente del Parco nazionale, Salvatore Gabriele, il ritorno dell’ansino pantesco, “offre valore aggiunto alla centralità dello sviluppo rurale e dell’agricoltura, che rappresentano occasioni importanti per il rilancio turistico dell’isola”.Intanto, un viaggio di sei mesi, cominciato il 15 aprile, vede coinvolti cinque ragazzi dell’associazione di promozione sociale Aps Woodvivors per un documentario dal titolo “Woodvivors. L’Italia a passo di mulo”, in cui il ventottenne palermitano trapiantato a Pantelleria, Francesco Lanzino, nel ruolo di regista guiderà un’antropologa, un filmaker, una fotografa e una responsabile della logistica, oltre ad un team di supporto che a distanza coordinerà la pubblicazione di contenuti in tempo reale, in un percorso di 2.500 chilometri lungo il Sentiero Italia del Club Alpino Italiano, uno dei più lunghi del mondo, in compagnia delle sue mule Gina e Agnese e di un asino pantesco, costeggiando le dorsali appenniniche seguendo dove possibile le tracce di vecchi tratti e sentieri.L’avventura toccherà alcuni tra i maggiori parchi italiani, da Pantelleria fino al Piemonte, alla scoperta delle antiche tradizioni. Tra i luoghi dell’itinerario ci sono le Madonie, i Nebrodi, l’Etna e l’Aspromonte, la Sila, il Pollino e l’Appenino Lucano; poi il Gran Sasso, la Majella e i Monti Sibillini, passando dalle foreste Casentinesi, l’Appenino Tosco-Emiliano, fino alle Alpi Apuane. “L’idea di questo viaggio nasce nel 2017 dopo un tour siciliano in sella a un mulo”, racconta Francesco Lanzino sui canali web e social di Woodwisors. “Questa è l’occasione per incontrare tanta gente, soprattutto contadini disposti ad aprirti le porte di casa, riscoprendo i sapori delle vecchie tradizioni. Viaggiare con un animale piuttosto che con un mezzo riesce a regalare un contatto empatico e profondo tra gli esseri umani”.Mentre il gruppo fa sosta nel Parco Nazionale dell’Aspromonte di Reggio Calabria, la banda di giovani esploratori ha già salutato l’agricoltore e apicoltore Denny Almanza che ha ereditato le passioni della terra dal nonno, oltre a due ricercatori della Fondazione Edmund Mach che hanno dedicato la loro vita allo studio e alla cura dell’ape mellifera.Un ponte tra passato e presente quello proposto dai ragazzi di Woodwisors considerando che il mulo e le mulattiere sono da sempre una costante del mondo rurale, dal nord fino al sud Italia. Una vera e propria ricerca antropologica sul campo per migliorare anche la fruibilità e la leggibilità culturale delle molte realtà italiane. Un animale, il mulo, che forse nella storia meglio si è adattato a variazioni geografiche e ambientali. Un’interpretazione critica che partendo dal passato arriva al presente per trovare le radici di un futuro sostenibile, valorizzando le peculiarità di un Paese dove ogni 30 chilometri si incontrano culture, usanze e lingue diverse.