La baronessa di Carini e il mistero della sua sepoltura
Un gruppo di studiosi smentisce che Laura Lanza sia sepolta nella cripta di San Mamiliano, a Palermo, sostenendo che si trovi nel paese dove fu uccisa
di Ruggero Altavilla
19 Maggio 2021
Un mistero si nasconde nella preziosa cripta dei nobili Lanza, la famiglia della donna uccisa nel 1563 nel più clamoroso dei delitti d’onore: Laura, passata alla storia come la baronessa di Carini. La cripta, della quale non si conosceva l’esistenza, è stata ritrovata per caso, vent’anni fa, durante lavori di manutenzione straordinaria dei sotterranei della chiesa di Santa Cita, oggi San Mamiliano, nel centro storico di Palermo.
Rimossi i materiali di risulta, è emersa con una magnifica Pietà di marmo quattrocentesca di Giorgio da Milano, con raffinate decorazioni e quattro tombe: in una è sepolto Blasco Lanza, il nonno di Laura; nell’altra la seconda moglie del padre, Castellana Centelles; nella terza probabilmente il padre-assassino, Cesare Lanza; sul quarto sarcofago, anonimo, giace la scultura di una giovane donna. Si è pensato, dunque, che si trattasse della sepoltura segreta della baronessa, che, secondo la tradizione, sarebbe stata invece tumulata nella cripta dei La Grua sotto l’altare maggiore della Chiesa Madre di Carini.Una ipotesi su cui, però, non tutti sono d’accordo. In un documento ufficiale diffuso dal gruppo “Alla ricerca di Laura”, progetto socio-storico sostenuto dall’associazione Culturale Nord America Carini I.O.D, presieduta da Maurizio Randazzo, e dall’Associazione Aria, presieduta da Nicoletta Prestana, si avanza l’ipotesi che la baronessa sia sepolta, invece, a Carini, ma in un’altra chiesa, ovvero quella delle Anime Sante del Purgatorio, allora Chiesa Madre della cittadina.Il gruppo di ricerca ha studiato i registri di morte nei quali venivano annotati i nomi dei defunti di Carini e la collocazione delle loro sepolture. “I registri – scrivono gli studiosi in un articolo pubblicato sul sito IlCarinese.it – ci dicono con chiarezza che ‘la signura Laura La Grua’ fu sepolta a Carini, presumibilmente insieme allo sfortunato amante: ‘Eodem fu mortu Ludovico Vernagalli. Eodem sta appunto per ‘lo stesso’ ossia, stesso giorno, stesso luogo che è, senza ombra di dubbio, la città di Carini. Un atto di morte va considerato a tutti gli effetti un documento ufficiale – scrivono gli studiosi – pertanto, il semplice fatto che sia stato redatto da mano umana e non frutto di ipotesi fantastiche, sfata il mito che vedrebbe la baronessa Laura La Grua sepolta nella chiesa di Santa Cita a Palermo, cosa che in molti continuano ad affermare”.“La verità su Laura La Grua, nulla toglie alla bellezza del complesso di Santa Cita, – scrivono i ricercatori – che resta comunque un gioiello di arte, cultura e storia leggendaria, meritevole d’essere visitato per il suo potere suggestivo. La sfortunata Laura La Grua, baronessa di Carini, visse, morì e fu sepolta a Carini, lo prova l’atto di morte custodito nei registri parrocchiali della Chiesa Madre”. Una tesi avvalorata – aggiungono dal gruppo di ricerca – dal ritrovamento nel 2018 nella chiesa delle Anime Sante del Purgatorio, di una tomba, nella parte sinistra dell’altare maggiore, con i resti di uno scheletro, probabilmente di donna.Primogenita del barone di Trabia e conte di Mussomeli, Cesare Lanza, e di Lucrezia Gaetani, Laura nacque nel castello di Trabia e visse l’adolescenza nel palazzo gentilizio di Palermo. Non avendo avuto, per il momento, eredi maschi, il barone Lanza combinò le sue nozze con un membro di una facoltosa e blasonata casata. Il 21 dicembre 1543, all’età di 14 anni, infatti, Laura andò in sposa, a Palermo, a don Vincenzo II La Grua-Talamanca, figlio del barone di Carini Pietro III e di Eleonora Manriquez, e si trasferì nel loro castello dove visse per vent’anni e nacquero i suoi otto figli.Vittima di un matrimonio mal combinato, Laura intrecciò una lunga relazione con Ludovico Vernagallo, cugino del marito e di rango inferiore, ma che conosceva e apprezzava da tempo: secondo la tradizione, il padre li sorprese insieme e li uccise o fece uccidere. La leggenda vuole che la baronessa, colpita al petto, si toccò la ferita e, appoggiandosi a una parete del castello con la mano, vi lasciò un’impronta insanguinata.