A Lercara Friddi nascerà il museo delle zolfare siciliane

Al via i lavori nella villa dove visse la famiglia Rose-Gardner, che avviò l'attività estrattiva nel centro del Palermitano

di Redazione

7 Giugno 2021

Custodirà la memoria di una pagina importante della storia mineraria siciliana. Al via il lavori per l’allestimento del museo Villa Rose a Lercara Friddi, sede del Parco Archeologico-Industriale e Museo della Zolfara, istituito dalla Regione nel 2010. La Soprintendenza dei Beni Culturali di Palermo, diretta da Selima Giuliano – fanno sapere dalla Regione – è in fase di consegna dei lavori alla ditta Sistemalab srl di Altamura che li realizzerà in poco meno di due mesi, per un importo di 367.548 euro.

 width=

Villa Rose

Il progetto, finanziato con risorse del Fondo di Sviluppo e Coesione 2014-2020 prevede, in particolare, la sistemazione dell’area esterna e l’allestimento interno dove saranno realizzate le vetrine espositive, gli spazi destinati agli archivi, il laboratorio di restauro, la biblioteca, un’aula didattica e una sala da destinare alle conferenze. Arredi e spazi rinnovati anche per gli uffici, per le sale espositive di archeologia e per quelle relative alla civiltà dello zolfo. Il museo sarà dotato di dispositivi multimediali e pannelli esplicativi, ma si farà anche ricorso alle ricostruzioni virtuali e ai plastici rappresentativi.“Attraverso la valorizzazione del Museo della Zolfara, – dichiara l’assessore ai Beni culturali, Alberto Samonà – si testimonia l’attività estrattiva dello zolfo che, fino alla prima metà del ‘900 ha rappresentato, accanto all’agricoltura, uno dei maggiori ambiti lavorativi dell’entroterra siciliano, ma anche un tributo al lavoro e al sacrificio umano di quanti a quelle miniere hanno dedicato la loro vita”. Villa Rose, già Villa Lisetta, fu la residenza dei Rose-Gardner che avviarono a Lercara l’attività estrattiva.
 width=

Castelletto Scianna

Lo zolfo in Sicilia, grazie alle testimonianze trovate delle coltivazioni minerarie, era conosciuto fin dall’antichità come pietra che brucia. Utilizzato nel campo della medicina, Pitrè ne parla come rimedio nella cura della scabbia: “Succo di limone e zolfo” oppure “zolfo, limone e polvere da sparo”, o anche “succo di limone, zolfo e olio” o anche per la cura della puntura di tracìna; “la tracìna è un noto dragone marino che ha una spina pungentissima e velenosa. I pescatori che più comunemente vi vanno soggetti, si curano versando sulla parte punta qualche goccia di zolfo liquido e servendosi del filo acceso dello zolfo”.Ma lo zolfo fu usato anche a scopo bellico: mescolato al salnitro e al carbone forma, infatti, la polvere pirica, esplosivo di guerra conosciuto e usato fino quasi alla fine del 1860. Nel secolo XVIII lo zolfo divenne minerale di considerevole valore grazie alla scoperta di Leblanc, scienziato francese che inventò la soda caustica, che utilizzò proprio lo zolfo nel suo procedimento. Da allora le richieste di zolfo pervennero da ogni parte d’Italia e dall’estero e la Sicilia cominciò ad essere attraversata da lunghe file di asini che trasportavano attraverso, le regie trazzere, l’oro giallo di Sicilia.
 width=

“Carusi” in miniera in una foto d’epoca

Nell’area di Lercara, geologicamente appartenente alla serie gessoso-solfifera, lo sfruttamento dello zolfo avvenne, stando alle notizie possedute, nel 1828. I quattro giacimenti realizzati a Lercara prendevano il nome dalle contrade in cui erano ubicati Colle Serio, Colle Madore, Colle Friddi e Colle Croce, e formavano una sorta di quadrilatero confinante con la parte orientale del centro abitato. Furono tanti i giovani, sia uomini che donne, che attratti dalla prospettiva del lavoro sicuro trovarono lavoro nell’attività zolfifera che, per oltre un secolo, accrebbe le possibilità di sfruttamento del sottosuolo consolidando sempre più un nuovo tipo di economia che sembrava dover dare grande sviluppo alla Sicilia e ai siciliani.