Un’arte straripante come la natura che vince sulla materia inerte, sbucando all’improvviso dalle strade delle città. Una potenza creativa incontenibile che germina oltre il chiuso delle sale espositive, invadendo la piazza e sbocciando alla luce del sole: come una pianta che diventa albero lì dove non ti aspetti. È un segno forte ed evocativo quello che lascia la mostra “Foresta Urbana”, una collettiva multiforme che si espande dalle sale di Palazzo Belmonte Riso e raggiunge, tra installazioni sonore, figurative e “aerostatiche”, l’adiacente piazza Bologni, nel cuore di Palermo.In quello che ormai è diventato il salotto del Cassaro, tra i cinguettii delle installazioni sonore di Astrid Seme, campeggia sospesa in aria la luccicante sfera dell’artista argentino Tomás Saraceno. L’installazione Aerosolar Journeys, rientra in un progetto incentrato sulle sue ultime ricerche sull’Aerocene, “l’era dell’aria”, un’indagine tra arte e scienza per un futuro senza combustibili idrocarburici. Poi c’è l’albero vivente del coreano Koo Jeong-A e quelli di acciaio di Conrad Shawcross (Formation II); i tronchi d’ulivo su barre di ferro di Benedetto Pietromarchi (Oliva Caerulea) e i 18 alberi in vaso di Luca Vitone (Vuole Canti).

“Tree” di Ai Weiwei
Nel cortile di Palazzo Riso si staglia
il monumentale Tree, l’albero “assemblato” dall’artista cinese Ai Weiwei, preceduto dagli alberi viventi su cui sono state intagliate date cruciali della storia di Palermo dal 1947 al 1992, opera del
duo Goldschmied & Chiari (
Genealogia di Damnatio Memoriae). Nel cortile accanto, invece, l’installazione
Circle of life realizzata con pietre di Custonaci da
Richard Long. E ancora tante opere esposte al primo piano del museo, di artisti del calibro di
Doug Aitken, Francesco De Grandi, Nathalie Djurberg & Hans Berg, Jimmie Durham, Olafur Eliasson, Bill Fontana, Carsten Höller, Ann Veronica Janssens, Ernesto Neto, Andreas Slominski e Pascale Marthine Tayou.La mostra, curata da
Paolo Falcone e visitabile fino al prossimo 20 gennaio, è stata promossa e realizzata dalla
Fondazione Cultura e Arte, emanazione della Fondazione Terzo Pilastro – Internazionale, in collaborazione con la Città di Palermo, e progettata dal
Polo Museale d’Arte Moderna e Contemporanea. Questa mattina, alla conferenza stampa nella Sala Kounellis di Palazzo Riso, oltre al curatore e alla direttrice del Polo Museale regionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Palermo,
Valeria Patrizia Li Vigni, sono stati presenti anche l’assessore regionale dei Beni culturali,
Sebastiano Tusa, l’assessore comunale alla Cultura,
Andrea Cusumano, e il presidente della Fondazione Terzo Pilastro e mecenate
Emmanuele Emanuele.

Genealogia di Damnatio Memoriae
“Quest’iniziativa ha due grandi valori, – ha dichiarato l’assessore Tusa nel corso della presentazione – da un lato raccoglie alcuni importanti protagonisti dell’arte mondiale, dall’altro ci pone di fronte ad
una necessaria riflessione, che è quella sulla natura, sull’ambiente, sul fatto che il mondo così come l’abbiamo ricevuto, se continuiamo ad agire in modo dissennato, quando ce ne andremo, non sarà più quello che abbiamo trovato. Il mio sogno – conclude Tusa – è vedere che queste manifestazioni artistiche
travalichino il centro storico e arrivino nelle periferie ed anche nei tanti centri storici di cui è disseminata la Sicilia”.Della stessa idea anche l’assessore Cusumano, che ha sottolineato come
“attività culturali come questa, siano testa d’ariete per ripensare alla città, per viverla e costruire nuove narrazioni urbane per un futuro migliore, anche alla luce del sempre più consolidato legame tra il museo Riso e piazza Bologni”.

Soddisfatto, seppur con qualche riserva,
Emmanuele Emanuele, colui che per primo ha voluto creare questa “Foresta Urbana”. “In un mondo in cui l’ambiente è sempre più maltrattato, diviene imprescindibile assumere un nuovo impegno morale – ha detto – attraverso la forza comunicativa dell’arte, che rinnovi e corrobori il rapporto indissolubile tra uomo e natura”. L’unico disappunto espresso dal mecenate è legato alla
rinuncia – per mancate autorizzazioni – di molte installazioni esterne, che nell’idea originaria avrebbero dovuto costellare tutto il Cassaro, fino alla Cattedrale e ai quartieri limitrofi. “Il mio desiderio – conclude Emanuele – era quello di realizzare opere d’arte per le strade e i vicoli della città, per farne dono ai palermitani che avrebbero potuto camminare tutti i giorni in una foresta d’arte. Ma sono felice lo stesso per quella che è una mostra dall’eccezionale valore artistico”.