◉ CULTURA

Alle pendici dell’Etna dove l’acqua incontra il fuoco: la rinascita di Santa Tecla

Tra antichi motori a vapore, sorgenti sotterranee e agrumeti, il Consorzio di Acireale nato nel 1915 per alimentare i terreni agricoli, celebra la sua storia ospitando oggi installazioni artistiche e progetti di rigenerazione, nel dialogo tra vulcano e paesaggio

di Carola Arrivas Bajardi

25 Agosto 2025

Un raro gioiello di archeologia industriale restituito alla comunità alle pendici dell’Etna. È il Consorzio Acque Santa Tecla di Acireale, uno dei pochi ancora attivi in Sicilia, che ha appena raggiunto un anniversario importante: sono appena trascorsi 110 anni da quell’agosto 1915 in cui fu fondato. Nonostante sia uno spazio privato che di fatto appartiene a chi lo utilizza per l’irrigazione dei terreni, il Consorzio è prima di tutto un luogo di comunità, e questo non è un mistero per chi ne ha vissuto l’evoluzione e il cambiamento. Non è mai stato, infatti, solamente un hub agricolo e tecnologico, ma un luogo dove in tanti, per più di un secolo, hanno vissuto e lavorato.

L’allestimento della mostra (foto R. Fernandez)

E non a caso, lo scorso 8 agosto, un gruppo eterogeneo composto da artisti, vulcanologi e geologi, è stato invitato dal collettivo Basaltika a partecipare all’esposizione collettiva “Nel Divenire”, visitabile fino al  prossimo 26 ottobre. Sette artisti siciliani (Carmen Cardillo, Roberto Ghezzi, Giuseppe La Spada, Filippo La Vaccara, Giuseppe Livio, Maurizio Pometti e Samantha Torrisi) sono stati invitati ad esplorare insieme agli scienziati il genius loci del luogo, nel dialogo ancestrale tra il vulcano e il suo paesaggio, comprese le innumerevoli sorgenti d’acqua sotterranee, linfa vitale per i meravigliosi agrumeti dei dintorni (fra cui il verdello da poco riconosciuto Limone dell’Etna Igp) e per intere comunità.

Antichi strumenti di lavoro (foto Carola Arrivas Bajardi)

L’edificio che ospita il Consorzio conserva ancora intatto il suo fascino: un’architettura rurale dei primi del Novecento immersa nel verde delle pendici dell’Etna, su cui campeggia il nome iscritto sul fronte. Tutt’intorno il profumo della nepeta, detta “nipitedda”, pianta perenne nota per le sue foglie aromatiche, che cresce abbondante in questo luogo iconico, centrale nella storia della civiltà contadina. Tra le pendici dell’Etna si avverte la potenza di una natura rigogliosa che, nel segreto della sua terra nera, conserva la cosa più preziosa al mondo: l’acqua. Al piano superiore, nei locali del custode, ci sono ancora le suppellettili e gli arredi d’un tempo. Sopra si estende una terrazza con una vista panoramica da cui si vede il mare, mentre al piano terra le opere d’arte della collettiva trovano spazio tra gli antichi macchinari e gli arnesi ciclopici d’un tempo.

Pompe e motori all’interno dello stabilimento (foto R. Fernandez)

La storia del sito inizia con il motore a vapore per poi evolversi con l’elettrico, c’è persino quello di una nave che in passato alimentava le pompe. Oggi invece, parallelamente all’attività idropotabile, si cerca di rivalutare il complesso a fini culturali e ambientali. L’edificio potrebbe diventare un centro visite per la riserva oppure un laboratorio, o ancora un luogo di esposizione multiculturale o un centro polifunzionale. Sta di fatto che attività come quelle promosse da Oriana Tabacco e dall’associazione Basaltika sono sempre ben accolte, perché grazie ad esse si può far ripartire il motore culturale del luogo. Oggi, finalmente, si comprende che per rigenerare un sito abbandonato è necessario ripartire con un nuovo motore, quello culturale, non meno necessario di quello a vapore o di quello elettrico.

L’interno dell’edificio (foto R. Fernandez)

Quindi che ben vengano attività capaci di portare di nuovo le persone dentro luoghi come questi, capaci di far rivivere un patrimonio che fino a poco tempo fa era totalmente chiuso e dimenticato. Fabio d’Agata, il presidente del Consorzio, ha avuto il coraggio di realizzare un’idea a cui altri avevano già pensato senza tuttavia avere l’ardire di realizzarla, un’idea che pare sia stata accolta da tutti, non solo dai proprietari del Consorzio ma dalla comunità intera, compresi ovviamente i geologi, gli studiosi e gli artisti.

La terrazza del Consorzio (foto Carola Arrivas Bajardi)

Il Consorzio Acque Santa Tecla di Acireale ha già una duplice valenza, etnoantropologica e scientifica, è fortemente legato alla cultura contadina dei luoghi ed è un sito importante dal punto di vista idrogeologico, basti pensare alla ricchezza delle sorgenti d’acqua scaturite dall’Etna, irregimentate dagli arabi con l’ingegnoso sistema delle saje. La mostra “Nel Divenire” è quindi un’occasione imperdibile per far emergere, anche attraverso il paradigma dell’arte, questo sito iconico di archeologia industriale, un luogo magnetico, dove l’acqua della falda e il fuoco del vulcano si incontrano magicamente. Un legame, quello tra il vulcano Etna e l’acqua, che non a caso affonda nel mito, con la storia di Aci e Galatea.