Occhi ipertecnologici scrutano i fondali di Gela. L’area archeologica sottomarina davanti al litorale di contrada Bulala è stata scandagliata da un drone di nuova generazione, a conclusione di una prima campagna di ricerche avviata lo scorso novembre. Si tratta del “Gela Project – Underwater Archaeology Research”, voluto dall’allora assessore regionale del Beni culturali, Sebastiano Tusa, e reso possibile grazie a una convenzione stipulata dallo stesso assessorato, con la Soprintendenza del Mare guidata da Adriana Fresina, l’Unité d’Archéologie classique dell’Università di Ginevra e la Hublot Explorations.

Campagna di ricerca a Gela
Così, dopo tre anni di lavoro,
il drone subacqueo “Bubblot”, uno dei tre brevettati dalla “Hublot Xplorations” si è immerso per la prima volta in acqua, nel mare di Gela. Questa prima campagna, che ha rappresentato soltanto un vero e proprio test delle apparecchiature e un primo approccio diretto al sito – spiegano dalla Soprintendenza del Mare – ha consentito di avviare
la mappatura dell’area archeologica. Durante questi primi 12 giorni di ricerca, è stata collocata una griglia sottomarina, realizzata con paletti in ferro, a cui se ne aggiungeranno altre fino alla copertura di un’area più ampia nel corso della prossima campagna. Il progressivo inserimento all’interno delle griglie, dei reperti già noti e recuperati nel corso degli ultimi dieci anni, contribuirà a definire il relativo contesto storico-archeologico di rinvenimento.

Il drone Bubblot in mare
“L’inserimento dei punti Gps nella piattaforma Gis del ‘Gela_Project’ – aggiungono dalla Soprintendenza del Mare – è stato realizzato tramite trasmissione vocale diretta tra l’archeologa responsabile
Alessia Mistretta, che ha curato in tempo reale il loro posizionamento, e l’operatore subacqueo
Alexandros Sotiriou, impiegando due cuffie trasmettici”.Un altro obiettivo della campagna è stato quello di avviare la
documentazione grafica e fotografica dei reperti rinvenuti nel mare di contrada Bulala, dove sono stati rinvenuti elmi corinzi, numerosi lingotti di oricalco, pezzi di ancora e altri oggetti che facevano parte del carico di tre navi affondate durante una tempesta. Si tratta dei tesori scoperti nel corso degli ultimi dieci anni e conservati nel
Museo archeologico regionale di Gela. In questo caso, il gruppo di lavoro è stato composto, oltre che dalla stessa archeologa Alessia Mistretta, dal maestro d’arte Antonino Cellura e dal fotografo Jürg Zbinden.