◉ L'EVENTO
La lunga notte della Santuzza tra fede e spettacolo
Oltre 350 mila persone hanno affollato il Cassaro per il Festino di Santa Rosalia: un corteo barocco tra arte, devozione e memoria collettiva. Dal carro trionfale ai fuochi d’artificio, Palermo ha ancora una volta raccontato se stessa
di Redazione
15 Luglio 2025
Un fiume umano di oltre 350 mila persone ha invaso il centro storico di Palermo per celebrare il Festino 400+1, rievocando la prima processione delle reliquie di Santa Rosalia. Un evento che, come ogni 14 luglio, ha fuso sacro e profano, spiritualità e spettacolo, arte e partecipazione popolare, in un grande abbraccio collettivo culminato dopo la mezzanotte con i tradizionali fuochi d’artificio. L’intera area del Cassaro è stata presidiata da oltre mille operatori della sicurezza: un cordone umano che ha protetto il passaggio del carro trionfale e bloccato il transito lungo tutte le traverse, trasformando la via che taglia il centro storico in un teatro a cielo aperto.
Il carro barocco e la città in cerca di riscatto
Protagonista della notte, come da tradizione, è stato il carro trionfale dedicato alla patrona, quest’anno affidato alla forza simbolica dei giovani: a trainarlo sono stati i ragazzi del settore giovanile del Palermo Calcio, quasi a indicare un passaggio di testimone tra generazioni. Il carro, ideato dallo scultore Giacomo Rizzo, si è presentato come una grande barca barocca, scenografica e imponente, su cui spiccavano le riproduzioni evocative delle due porte che delimitano il Cassaro: Porta Nuova e Porta Felice. In mezzo, la statua restaurata della Santuzza già utilizzata lo scorso anno, rimessa a nuovo dopo un restyling.
Accanto al carro principale ha sfilato una seconda macchina scenica: un carro-teatro inedito, frutto della collaborazione tra Teatriaperti, il coordinamento di Sandro Tranchina e il design di Marco Castagna. Questo secondo carro ha rappresentato simbolicamente Palermo stessa, una città travolta dalla paura e dal disordine, ferita dalla peste ma anche capace di resilienza. Un luogo simbolico dove si sono mossi gli acrobati del Circ’Opificio, con coreografie curate da Josh Rizzuto, e le danzatrici di Pantarte. A dare voce a questo “corpo urbano ferito” è stata l’attrice Simona Malato, in cima al carro, interprete di un’anima cittadina smarrita, in cerca di senso, di unità, di una bellezza condivisa capace di riscattare il caos.
Tra morte e vita: la drammaturgia del Festino

Videomapping a Palazzo Reale
Fulcro emotivo e drammaturgico del corteo sono state le due tappe centrali, ambientate tra Palazzo dei Normanni e la Cattedrale. Un vero e proprio contrappunto teatrale tra la “morte”, incarnata da Vincenzo Pirrotta nella sede del potere secolare, e la “vita”, rappresentata da Isabella Ragonese tra le mura sacre della Cattedrale. Due performance che si sono mosse sul filo del digitale e dell’analogico, sotto la regia di Giuseppe Cutino, con i videomapping di Odd Agency, che ha curato la direzione creativa, e la produzione di Terzo Millennio guidata da Andrea Peria. È stato un duello simbolico, un’allegoria della rinascita che attraversa la città, richiamando la potenza salvifica della fede ma anche il bisogno umano di ritrovare bellezza nel disordine del presente.
Il ricordo di Sara Campanella e le parole dell’arcivescovo
Proprio alla Cattedrale, su uno dei palchi più significativi della serata, è intervenuto l’arcivescovo Corrado Lorefice, che ha voluto ricordare le vittime di femminicidio, con un pensiero particolare rivolto a Sara Campanella. La studentessa uccisa a Messina lo scorso 31 marzo è diventata, nelle parole dell’arcivescovo, un simbolo di libertà e dignità. “Oggi vogliamo ricordare una giovane ragazza, amante della libertà, di quella libertà che non ferisce chi ci sta accanto, ma nasce dalla consapevolezza dei propri valori”, ha detto, citando il motto scelto dalla giovane: “Mi amo troppo per stare con chiunque”. Un messaggio che parla di autodeterminazione, di rispetto, di amore per sé e per gli altri.
Lorefice ha tracciato un parallelo tra la giovane Sara e la figura stessa di Rosalia: entrambe testimoni di una fede profonda nella bontà dell’animo umano, capaci di ispirare valori come la solidarietà, la generosità, l’idea che il bene possa ancora prevalere sul male. “Troppe donne vengono dimenticate dopo essere state uccise. Noi non vogliamo che Sara venga dimenticata”, ha dichiarato l’arcivescovo, affidando idealmente alla Santuzza tutte le giovani vittime di violenza, i ragazzi schiacciati dalla droga o dalle solitudini che portano al suicidio. E con un’invocazione accorata, ha chiesto: “Facci rinnegare ogni forma di violenza e rendici servitori della vita, amanti del bene e della bellezza”.
Il Genio di Palermo e l’arte contemporanea
Per la prima volta quest’anno, il corteo ha previsto una tappa aggiuntiva, un’ulteriore stazione narrativa a Palazzo Riso, che ha portato il Festino dentro i linguaggi dell’arte contemporanea. L’attore Vincenzo Ferrera, la musicista Giulia Tagliavia e il pittore Francesco De Grandi hanno dato voce e corpo al Genio di Palermo, figura laica ma potentemente identitaria della città. Una presenza silenziosa e misteriosa che si è integrata nel flusso della festa come riflessione sull’identità cangiante di Palermo, città che è insieme mito, caos e desiderio di bellezza.
Il trionfo della Santuzza e il gran finale tra musica e fuochi
Agli storici Quattro Canti, la musica ha segnato uno dei momenti più coinvolgenti del corteo: la musica di Serena Ganci e Fabrizio Cammarata ha accompagnato il passaggio del carro, culminando nel tradizionale grido lanciato dal sindaco Roberto Lagalla: “Viva Palermo e Santa Rosalia!”. Ma dal pubblico, accanto agli applausi, sono partiti anche dei fischi. Il sindaco ha replicato rivendicando il diritto alla critica: “La libera espressione va sempre tutelata”. Il Festino si è concluso, come da tradizione, a Porta Felice, con una performance corale dell’intero cast. Dopo l’arrivo al Foro Italico, lo spettacolo dei fuochi d’artificio, cinquanta minuti di musica e luci, ha chiuso in orario l’evento illuminando cielo e mare.
(Foto Giulio Giallombardo)