◉ PALERMO
Liberty fatto a pezzi, il mistero dei resti di Villa Deliella nel parco storico
Nel giardino di Villa Trabia si trovano cumuli di detriti compatibili con quelli della dimora demolita nel 1959 e diventata icona del “sacco”. Affiorano anche frammenti di tegole, piastrelle e rivestimenti in marmo. L’ipotesi di Danilo Maniscalco, architetto e storico dell’arte
di Giulio Giallombardo
4 Gennaio 2024
Macerie del “sacco” nascoste per più di sessant’anni in uno dei parchi storici più importanti di Palermo. C’è chi è sicuro che siano sempre stati lì, in uno degli angoli più fitti di Villa Trabia, i resti della vicina Villa Deliella. Il simbolo per eccellenza degli anni in cui la città cancellò brutalmente un pezzo della sua storia potrebbe essere ammassato nel giardino storico distante in linea d’aria poco più di trecento metri da dove si trovava fino al 1959. Un’ipotesi, forse più di una suggestione, evocata da Danilo Maniscalco, architetto, storico dell’arte studioso del Liberty e coestensore del documento che ha istituito Ernesto Basile icona urbana di Palermo.
“Da un recente sopralluogo interno al parco pubblico, sono affiorati cumuli sospetti di detriti edili compatibili con rapide sortite di camion pesanti”, scrive Maniscalco in un articolo apparso sul Giornale di Sicilia di qualche giorno fa. Il riferimento è a quei cumuli di conci da tempo sommersi da una fitta vegetazione, riapparsi nei mesi scorsi, durante i lavori di riqualificazione del giardino.
“Emergono, affastellati a riempire cave pregresse, conci di biocalcarenite compatibili con la struttura portante in muratura, frammenti di tegole e piastrelle ma soprattutto – ed è qui l’indizio più suggestivo – plurimi elementi di rivestimento marmoreo trattati alla maniera ‘basiliana’ e dunque con la superficie sbozzata e non-finita”, sottolinea ancora l’architetto che avverte cauto: “È una firma che rappresenta un indizio, non ancora una prova, ma al contempo pone domande”.
Le stesse che si è posta Lelia Collura, architetto per anni in organico al Comune, responsabile delle ville storiche, che quei luoghi conosce bene. È da lei che è partita l’affascinante ipotesi, condivisa poi con Maniscalco. “Era una voce ricorrente tra colleghi che lavoravano con me a Villa Trabia – conferma Collura alle Vie dei Tesori – , per alcuni molto più di un’ipotesi. In un primo tempo pensavo che fossero resti della cava poi ho capito che il posto non era quello e studiando una mappa antica del giardino, ho verificato che nell’area dove si trovano i conci di tufo non erano presenti edifici. Anzi c’era un percorso di viottoli che si sono persi. Purtroppo il parco è arrivato al Comune nel 1984 in condizioni disastrose dopo un abbandono durato anni”.
A rafforzare la suggestione è il legame tra i proprietari delle due dimore, amici e imparentati tra loro. Villa Trabia era residenza di Raimondo Lanza, cugino di Francesco Lanza di Deliella, proprietario della villa progettata da Ernesto Basile, costruita nel 1905 e demolita nel 1959. Secondo quanto racconta Lelia Collura, pronipote di Salvatore Rutelli, costruttore di Villa Deliella, nei giorni della demolizione il cancello principale di Villa Trabia sarebbe stato lasciato aperto per consentire il passaggio dei camion carichi di detriti.
L’auspicio adesso è che le autorità comunali, insieme alla Soprintendenza, possano verificare l’origine di quei detriti ammassati nel cuore del giardino storico. “È un dovere indagare sui contenuti del materiale segnalato, stoccato impropriamente in almeno quattro macro-aree – scrive Maniscalco tornato sulla vicenda in un altro articolo sul Giornale di Sicilia – . È un diritto alla cittadinanza avere rassicurazioni – ancor prima che sulla concreta possibilità che quelli siano i resti della villa icona del sacco – che non ci sia nulla di nocivo per la salute. La vicenda riaccende la speranza per la riqualificazione in forma di Museo del Liberty siciliano, nell’area della demolizione di piazza Crispi, dove ancora esiste il piano ipogeo, la casa del custode e scampoli di cancellata in ferro battuto con motivi floreali”.
Un progetto inseguito da anni, per cui nel 2021 la Regione stanziò tre milioni di euro, ma che rimane ancora un sogno.