◉ PALERMO
Santa Maria del Bosco, la magica abbazia sospesa nel tempo
Immerso nella riserva naturale di Monte Genuardo, tra Contessa Entellina e Giuliana, l'antico complesso benedettino è una sintesi di stili diversi che racconta 700 anni di storia. Un viaggio tra chiostri rinascimentali, affreschi barocchi e il mistero della sepoltura di Eleonora d’Aragona
di Ruggero Altavilla
5 Marzo 2025
Avvolta dal silenzio della natura e dal respiro del tempo, l’abbazia di Santa Maria del Bosco appare come un miraggio tra i monti Sicani. Tra Contessa Entellina e Giuliana, questo antico monastero sembra sospeso in un’altra epoca, dove la storia e la leggenda si intrecciano. Tra i rami che abbracciano le sue mura e la pietra che racconta secoli di vita, ogni angolo racchiude un segreto e ogni ombra custodisce un ricordo. Un luogo magico, capace di incantare chiunque vi metta piede, lasciandosi trasportare dal fascino senza tempo di un’architettura che ha attraversato i secoli. A partire dal bellissimo rampicante che ha disegnato quello che sembra un albero su un prospetto dell’abbazia, dando vita a un bassorilievo vivente, capolavoro di illusionismo botanico.
L’abbazia, immersa nella riserva naturale di Monte Genuardo, coniuga armoniosamente elementi architettonici di epoche differenti, offrendo ai visitatori un viaggio attraverso 700 anni di arte e spiritualità. Questo straordinario monastero, che affonda le sue radici nel Trecento, nato come romitorio per dodici monaci seguaci della regola benedettina, ha sempre goduto della protezione dei sovrani, da Federico II all’infanta Eleonora d’Aragona, il cui ricordo aleggia ancora tra queste mura. Nel corso degli anni, il fascino dell’abbazia ha attratto non solo pellegrini e studiosi, ma anche il mondo del cinema. Oltre ad essere stata scelta come set per la serie televisiva Incastrati di Ficarra e Picone, l’abbazia ha ospitato altre produzioni, tra cui L’arte della gioia, la serie diretta da Valeria Golino, tratta dall’omonimo romanzo postumo di Goliarda Sapienza, in questi giorni su Sky.
Varcando il maestoso cancello d’ingresso, ci si trova di fronte a un complesso architettonico dal fascino surreale. Il campanile, sebbene colpito da un fulmine nel 1887, si erge ancora imponente, mentre la facciata della chiesa, parzialmente crollata, lascia intravedere una navata a cielo aperto. Accanto si distende imponente l’abbazia, con uno dei prospetti diventato un giardino verticale, quasi del tutto ricoperto da rampicanti. A completare l’accoglienza, un abbeveratoio con l’acqua che fa da specchio all’abbazia, moltiplicandone la bellezza.
Già basterebbe questo spettacolo, dove natura e architettura si fondono, per giustificare il viaggio. Ma l’incanto prosegue all’interno, varcato il portale tardo cinquecentesco d’ingresso, che richiama la michelangiolesca Porta Pia di Roma dello stesso periodo. È adesso che si scopre il primo dei due chiostri: quadrato, d’impianto rinascimentale, circondato da 36 colonne, in cui predomina la dimensione orizzontale. Il secondo chiostro è invece rettangolare: uno spazio dalla prominente verticalità, arricchito da 32 colonne, che anticipa le linee barocche.
L’ampliamento del complesso avvenne a cavallo tra ‘500 e ‘600, con l’intervento di celebri architetti italiani come Antonio Muttone e, probabilmente, Luigi Vanvitelli, celebre autore della Reggia di Caserta. Il refettorio del 1644, un vasto salone di 300 metri quadrati, è decorato con un affresco raffigurante la moltiplicazione dei pani e dei pesci. Qui, durante i pasti, i monaci ascoltavano la lettura delle Sacre Scritture, amplificata dall’eco della sala. Ovunque, stucchi e decorazioni barocche impreziosiscono pareti, porte e soffitti, con colori studiati per catturare la luce e valorizzare ogni dettaglio.
Ma l’abbazia, affidata ai benedettini prima e agli agostiniani poi, ha custodito nei secoli tanti tesori d’arte, a partire dal busto marmoreo di Eleonora d’Aragona, realizzato da Francesco Laurana e oggi esposto a Palermo, nella galleria di Palazzo Abatellis. La scultura fu scolpita per il monumento funebre che tuttora si trova all’interno dell’abbazia, anche se il corpo tumulato della contessa, nipote del re del Regno di Sicilia Federico III d’Aragona, non è stato mai ritrovato. Secondo alcune ipotesi, Eleonora, moglie di Guglielmo Peralta, signore di Sciacca, potrebbe essere sepolta proprio nella città agrigentina, nella chiesa della Madonna dell’Itria, considerato il Pantheon della famiglia degli Aragona, anche se non si hanno prove certe. Rimane, dunque, il mistero della sepoltura e la suggestione di un luogo di cui Eleonora è stata protettrice, che lei stessa ha finanziato con generose donazioni. Tanto che, data la sua devozione, uno dei frati propose di ospitare il sepolcro della contessa all’interno dell’abbazia.
Dopo secoli di attività, in tempi più recenti, nel 1932 il convento ha chiuso i battenti per mancanza di religiosi. Molte opere, così come il fondo libraio, sono state ricollocate e il monastero in parte venduto. Oggi Santa Maria del Bosco ospita un hotel relais e continua a essere una meta di grande fascino in uno degli angoli più remoti della Sicilia.
(Foto Giulio Giallombardo)