Giovanni Pernice è un nostro amico, un amico di tutti i palermitani, anche se pochi ne sono consapevoli. Ogni giorno è con noi, passiamo molto spesso sotto i suoi balconi e davanti ai suoi portoni. Un incontro e un libro per scoprire o meglio riscoprire l’opera di questo ingegnere che ha costruito edifici che caratterizzano l’aspetto urbano di Palermo.

Palazzo Mineo in via della Libertà 129
Un libro scritto dal nipote
Fabio Alfano, architetto e custode dell’archivio del nonno, quando i progetti erano realizzati ancora con raffinati segni a matita o con l’inchiostro di china. Se l’opera più popolare di Pernice, attivo tra la fine degli anni Trenta e il 1960 (anno della morte) è
l’Arena Trianon, tanti altri sono nostri affezionati compagni di sguardi giornalieri. Chi non ha passeggiato sotto
i lunghi portici dell’edificio di fronte al porto, sorto sulle macerie della guerra, o passato davanti al
palazzo Mineo in via Libertà 139 con il suo gioco di vuoti e pieni?
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Il palcoscenico del Trianon
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Edificio in piazza Nascè (realizzato nel 1952)
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Pannello ceramico nella casa di Pernice in via Pirandello 35 realizzato da Nella Giambarresi
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Le condizioni attuali della statua della musica
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Giovanni Pernice
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Palazzo Mineo in via della Libertà 129
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L’Arena Trianon negli anni Quaranta
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Disegno del prospetto dell’Arena Trianon
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Artisti in scena per un’operetta
Chi non ha ammirato, nella parte alta di via Brigata Verona, all’angolo di viale Campania,
il grande e compatto edificio alleggerito da una elegante pensilina traforata all’ultimo livello? Oppure è rimasto colpito a Mondello dal
villino Balsamo-Genova, in via Saline 18-20, con un gioco di incastri tra volumi circolari e ad angolo retto?
“Giovanni Pernice, l’Arena Trianon e altre opere” (edizioni Kalos) racconta della vicenda professionale del progettista palermitano. Per scoprire che nel Dopoguerra, alla vigilia delle speculazioni edilizie del sacco di Palermo, dei palazzoni di cemento armato come brutti contenitori, ci fu chi, come Pernice, mantenne
il gusto del “buon costruire”, con la capacità di esprimere bellezza e di impreziosire le sue opere, curando gli aspetti decorativi con la collaborazione di bravi artigiani.

Disegno del prospetto dell’Arena Trianon
L’incontro di presentazione del libro a
Palazzo Ajutamicristo, come ha affermato la soprintendente ai Beni Culturali di Palermo e padrona di casa
Lina Bellanca, non è un caso; ricorda come l’Arena Trianon sia stata posta sotto vincolo architettonico per la sua qualità nel 2016. Insieme ad altre opere del periodo, tra cui il cinema Astoria di Caronia Roberti (1953), come ha spiegato l’architetto
Silvana Lo Giudice. L’Arena Trianon è stata realizzata da Pernice nel 1944-45, con la collaborazione dell’architetto Caruso per gli aspetti decorativi e di Alessandro Manzo per le sculture. Nel momento, come ha ricordato il professore
Gianfranco Tuzzolino, in cui nasceva la facoltà di architettura di Palermo con Caronia Roberti preside e Cardella primo di docente di composizione. Ovvero si ricominciava daccapo.
Ultima opera in stile decò. La ricostruzione in architettura tenderà, infatti, verso caratteri più vicini al razionalismo.

Artisti in scena per un’operetta
Dopo il vincolo, i proprietari dell’Arena Trianon hanno fatto risanare il tetto,
dove esiste ancora il graticcio di travi e i rocchetti di legno, cui erano attaccate e mosse con funi le scene. Prima di essere un arena cinematografica, il Trianon ospitò
il teatro di rivista, con personaggi come Wanda Osiris, Carlo Dapporto e Alberto Sordi. Un pezzo di storia della città. “Sono preoccupato – ha detto Fabio Alfano – delle condizioni della facciata di via Scarlatti”. L’originale pittura composta da zone gialle e zone rosse,
è scomparsa sotto mani d’intonaco, sono sparite le lettere del nome dell’Arena, mentre la statua al centro, che rappresenta la musica, è in cattive condizioni.L’Arena è da tempo
usata come parcheggio, così come l’area dove sorgeva
villa Deliella, distrutta sessanta anni fa tondi: quasi a mostrare un singolare primato a Palermo delle esigenze dell’automobile sulla bellezza architettonica. Lo studio di opere come quelle di Pernice cerca di ribaltare questa prospettiva che penalizza la città. A volte basta solo guardare un po’ più in alto, con occhi innocenti.