Il lenzuolo d’acqua che sgorga nel cuore di Catania
La Fontana dell’Amenano è uno dei simboli del capoluogo etneo. Si trova vicino a una piazzetta dove c’è chi pesca le anguille dai tombini
di Livio Grasso
2 Luglio 2021
Nel cuore di Catania, in piazza Duomo, vicino al Palazzo degli Elefanti e al Seminario dei Chierici, si trova la fontana dell’Amenano, realizzata da Tito Angelini nel 1867. Le fonti storiche riferiscono che il fiume che dà il nome al monumento sia stato il principale serbatoio d’acqua della città, utilizzato in passato anche dai romani per rifornire le terme del perimetro urbano. In gergo catanese prende il nome di “acqua a linzolu” per il deflusso a cascata che precipita sul basamento, straripando dalla vasca a bordo bombato come fosse un lenzuolo.
L’intero complesso marmoreo, inoltre, è abbellito da tre poderose statue, due delle quali raffigurano dei tritoni, riconoscibili dai corni di conchiglia che reggono tra le mani e dalla parte inferiore del corpo a forma di pesce. In alto si erge un’altra scultura che, secondo la tradizione, personifica l’Amenano, dio fluviale particolarmente onorato dagli abitanti locali a partire dal 252 avanti Cristo. La giovane divinità è rappresentata con la mano sinistra indirizzata verso il basso, alludendo sottosuolo siciliano e ai suoi misteri, in modo particolare, all’ambigua localizzazione delle acque sorgive.È luogo comune credere che la sorgente del fiume, fino ad oggi non identificata con certezza, sia il lago di Gurrida, che si trova a Randazzo. Carlo Gemmellaro, studioso vissuto a cavallo tra ‘700 e ‘800, pensava che il corso d’acqua attraversasse l’attuale viale Mario Rapisardi e confluisse fino alla piazza Santa Maria di Gesù. Si credeva inoltre che alimentasse il lago di Nicito, proseguendo lungo l’attuale via Botte dell’Acqua sino a sfociare vicino al Monastero dei Benedettini.A seguito della devastante eruzione del 1669, il fiume, attualmente, riaffiora solamente in alcuni tratti urbani: nella fontana centrale di largo Paisiello, nella Villa Pacini, nella fontana dei Sette Canali alla Pescheria, in una piccola grotta di piazza Currò. Come dice Carmine Rapisarda – studioso catanese – “alle spalle della fontana ci si addentra in piazza Alonzo di Benedetto, uno dei tratti dello storico mercato del pesce, dove c’è chi pratica la pesca delle anguille. In questa piazzetta, – prosegue – ci sono diversi tombini che vengono scoperchiati per la cattura dei pesci”.Lo studioso ha evidenziato come la pesca dalle grate sia uno dei tratti distintivi e tradizionali della cultura locale, venendo tuttora eseguita con grande entusiasmo. In virtù di questa sovrabbondante affluenza che, ancora oggi, si dirama nei meandri sotterranei della città, l’Amenano simboleggia il trionfo dell’acqua sul fuoco e il suo incessante fluire malgrado le minacciose eruzioni del vulcano. Emblema di forza e tenacia fa riferimento alla straordinaria rinascita architettonica e culturale di Catania, divenendo uno dei capisaldi più rappresentativi della sua palingenesi.Le tre sculture, inoltre, sono allineate secondo un criterio geometrico che le riconduce alla figura di un triangolo, espressione della ritrovata floridezza, della perfetta armonia e della graduale evoluzione urbanistica. “Questo scenario monumentale – osserva Rapisarda – lascia sottintendere come dall’unione tra la forza e la sapienza, incarnate dai due tritoni, si possa dare slancio alla creazione della bellezza, impersonata proprio dall’avvenente dio fluviale”.(Nella prima immagine grande in alto, un particolare della Fontana dell’Amenano. Foto Erik Törner, Flickr)