La Gancia si sta sbriciolando, quaranta piloni per salvarla

Intervento d’urgenza della Soprintendenza dei Beni culturali per mettere in sicurezza la storica chiesa della Kalsa

di Guido Fiorito

11 Dicembre 2019

Oltre quaranta piloni di metallo per salvare la Gancia. Nella navata sinistra sono, infatti, avvenuti dei pericolosi fenomeni di schiacciamento con il rischio di lesioni e di danni alle decorazioni e ai marmi mischi delle cappelle. L’ultimo incontro dell’anno a Palazzo Ajutamicristo, sede della Soprintendenza ai Beni culturali di Palermo, ha documentato il vero e proprio salvataggio realizzato questa estate. “Abbiamo dovuto puntellare tutte le cappelle per evitare guai peggiori. Alcuni conci della muratura erano già lesionati. Non potevamo aspettare i tempi per un intervento strutturale che in ogni caso andrà fatto”, ha detto la soprintendente Lina Bellanca.

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I piloni che reggono le cappelle della Gancia

Una vera e propria emergenza in una chiesa dalla storia tribolata, tra le più amate dai palermitani. Santa Maria degli Angeli, più nota come la Gancia, nel 1672 fu danneggiata dal crollo della zona del transetto e del presbiterio, ma la sua fama è legata alla rivolta del 1860 quando la campana fu suonata per chiamare i palermitani all’insurrezione. Fini male. Quella campana non è più nel campanile ma esiste ancora. Come le tante opere d’arte della chiesa e il magnifico organo seicentesco.
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La chiesa della Gancia (foto CarlesVA, da Wikipedia)

Ma cosa ha causato il pericolo nella navata sinistra? Le colonne sostengono tre piani sopra di esse. Due originali e un terzo aggiunto nel 1956 per ampliare le camerate del convento che ospitavano degli orfani. Il tetto del terrazzo fu fatto con materiali poveri e in piano, tanto che contiene numerosi serbatoi per l’acqua. “Questi materiali sono deperiti velocemente – ha detto l’architetto Bellanca – ma ciò non spiega i problemi di schiacciamento che avrebbero dovuto verificarsi prima dei sessant’anni trascorsi. Alla base di una parete c’è anche umidità ascendente, che farebbe pensare a qualche problema nel sottosuolo o legato allo smaltimento dell’acqua dalle grondaie o nel cortile”.
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Pilastro lesionato

È stato deciso d’intervenire d’urgenza e anche di evitare la chiusura della chiesa. Giacomo Scancarello, tecnico della omonima ditta che ha effettuato i lavori, ha spiegato la difficoltà dell’intervento. Le cappelle sono, infatti, tutte diverse. Quindi per ciascuna è stata costruito un sostegno su misura. Come un abito. La parete è stata ispezionata senza bisogno di ponteggi grazie alla fotogrammetria che arriva fino a 13 metri di altezza e l’uso di un drone. I puntelli lunghi sei metri, sei per ogni cappella, sono stati provati, poi tagliati esternamente, riportati e montati con difficoltà anche per la presenza degli immensi lampadari di vetro.
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Interventi di messa in sicurezza

Adesso il peso dell’edificio è sostenuto dai puntelli montati a forma di triangolo, con piastre da 35 chili ricoperte di neoprene per evitare deformazioni e lesioni all’intonaco. Sono stati usati bulloni di fissaggio del peso di due chili e una fune d’acciaio di 18 metri tesa in modo da mantenere la posizione corretta dei puntelli. Si scopre che i danni della guerra furono spesso riparati con interventi in cemento armato più che con restauri, d’altra parte il denaro scarseggiava. E che il cemento abbia mostrato di durare meno delle tecniche antiche.Un altro intervento urgente quest’anno è avvenuto nella chiesa di Sant’Ignazio all’Olivella. Oltre la messa in sicurezza della facciata, una pietra, forse per un fulmine, si è staccata dal lanternino della cupola e, cadendo, ha sfondato il tetto dell’abside. “Abbiamo visto – ha detto la Soprintendente – che nel sottotetto era stato messo cemento armato e che era collassato in varie parti, i ferri della struttura in calcestruzzo erano corrosi”. Le due chiese appartengono al Fec (Fondo edifici di culto) che dipende dal ministero dell’Interno. Cronache della difesa dell’immenso patrimonio monumentale della città.