Il santuario dell’acqua che domina Cefalù, nuovi studi sul Tempio di Diana
L’archeoastronomo Andrea Orlando effettuerà una scansione laser ed un rilievo 3D dell’antichissima vasca rituale all’interno del sito nascosto sulla Rocca
di Lilia Ricca
7 Gennaio 2022
Che si tratti di una fortezza o di un santuario, un alone di mistero circonda il Tempio di Diana, sulla Rocca di Cefalù. Un luogo legato all’antico culto dell’acqua, per la presenza di una cisterna inglobata al suo interno, o una fortezza di avvistamento considerata la sua posizione in rialzo dal mare. “Un vero tempio solare”, definito dall’archeoastronomo siciliano Andrea Orlando, in uno dei suoi primi studi di archeoastronomia in Sicilia, condotto sul Tempio di Diana e presentato nel corso del quindicesimo Congresso della Società Italiana di Archeoastronomia, nel 2015 a Catania. Un sito dalla storia stratificata che lo studioso si prepara nuovamente a indagare.
“Nuovi studi – spiega Orlando – mi vedranno impegnato quest’anno insieme alla professoressa Elizabeth Riorden, dell’Università di Cincinnati, in una scansione laser ed un rilievo 3D della cisterna protostorica del Tempio di Diana, considerata la parte più antica del tempio ciclopico, e ciò con lo scopo di focalizzare nuovamente l’attenzione su uno dei siti più belli della Sicilia”. Sulla Rocca dell’omonimo villaggio di pescatori, un altopiano calcareo di quasi 300 metri, posto ai confini orientali della provincia di Palermo, possiede un edificio con ingresso allineato al tramonto del Sole agli equinozi, una vera e propria “ierofania” che invitava i partecipanti a raggiungere la vasca rupestre per svolgere atavici culti dell’acqua. “L’azimut dell’ingresso del Tempio – spiega Orlando – misurato con un teodolite Kern di fabbricazione svizzera, di circa 270 gradi, è chiaramente equinoziale. Questo indica la direzione in cui il Sole tramonta agli equinozi”. Una delle prime rappresentazioni del Tempio è per mano del famoso pittore e architetto francese, uno dei più grandi viaggiatori del Grand Tour, Jean Houel, che durante il suo viaggio in Sicilia realizzò oltre 200 disegni, raccolti nei quattro volumi del “Voyage pittoresque des isles de Sicile, Malta et de Lipari” (1785). Oggi, la parte più evidente delle rovine è un edificio addossato al pendio roccioso della montagna che sovrasta Cefalù, a pochi chilometri dai ruderi di una serie di mulini e condutture forzate che raccoglievano e sfruttavano l’acqua e dai resti di un castello medievale, che dà il nome a tutta la Rocca, chiamata “u’ castieddu”. Nel Medioevo, sulle rovine del Tempio di Diana, nell’area a destra dell’ingresso, venne costruita la chiesa di Santa Venera. Con una pianta irregolarmente rettangolare, ed una porta d’ingresso di circa 2,7 metri, posizionata non al centro dell’edificio, il punto più alto del tempio, nell’angolo sud-ovest, raggiunge i 5 metri. Oltre la porta inizia un corridoio lungo 7 metri che conduce alla vasca dolmenica, con una copertura a 4-5 metri di altezza dal pavimento. La cisterna, di forma ellittica, possiede un volume di circa 19 metri cubi. Frammenti ceramici di epoca greca, come cocci dipinti, pezzi di tegole e pithoi, e di epoca medievale, come frammenti di piatti normanni e ceramica bizantina vengono a galla dal tempio, dai primi scavi archeologici condotti da Pirro Marconi nella prima metà del 20esimo secolo. Mentre frammenti di vasi d’impasto, di colore rosso-piatto e giallastro, del periodo del Bronzo avanzato (primo millennio avanti Cristo) vengono alla luce dalla cisterna dolmenica. Il Tempio di Diana sembra risalire al Sesto-Quinto secolo avanti Cristo, mentre la cisterna dolmenica in esso incorporata è considerata di epoca protostorica dagli studiosi Bovio Marconi nel 1956, Van Essen nel 1957, Vincenzo Tusa nel 1959 e Tullio nel 1974. Pur essendo poco chiara la sua funzione, sembra invece certo che l’edificio fosse strettamente collegato alla sua cisterna: l’asse del Tempio, passando per la porta principale e attraversando il corridoio, punta infatti direttamente alla cisterna. Il tempio funge così da “pronao”: per accedere alla vasca occorre passare dall’edificio. “Dal culto di una piscina d’acqua che si forma in una cavità naturale è nata la costruzione del luogo sacro – spiega Andrea Orlando – inizialmente limitata alla semplice protezione. Mentre più tardi, durante il periodo greco, l’accesso al luogo sacro è stato sbarrato dall’edificio che ha funzione di pronao e di servizio. A questo proposito consideriamo la vasca dolmenica come un vero e proprio santuario indigeno, mentre il tempio si identificherebbe con un Artemision”. In Sicilia esistono altri luoghi che sono collegati al culto dell’acqua, per esempio: il Tempio di Diana Facellina a Milazzo, di cui oggi non ci sono più tracce, l’area archeologica di Santa Venera al Pozzo, nel territorio di Acireale o il santuario rupestre di Agrigento, considerato già da Marconi come luogo destinato al culto delle forze naturali, forse dedicato a divinità ninfali, nel periodo precedente alla colonizzazione greca. Per osservare il Sole in allineamento con la porta d’ingresso è stato realizzato un video 3D con la tecnica della fotogrammetria architettonica. Una copia digitale del lavoro è stata donata al Comune di Cefalù per iniziare un processo di tutela e valorizzazione dell’area del Tempio, sperando nella creazione del primo museo archeoastronomico interattivo della Sicilia, da realizzare probabilmente in una delle sale dell’Osterio Magno, il palazzo medievale situato nel centro della cittadina.