◉ LA STORIA

Rosalia sul lago di Como: lassù dove si venera la Santuzza

Il culto della patrona di Palermo fiorisce anche tra le montagne lombarde, dove a Brenzio una chiesa custodisce un eccezionale patrimonio di reliquie. La venerazione per la santa si diffonde in Europa seguendo le rotte della peste e della speranza, tra emigrazione, devozione e scambi culturali che hanno unito mondi lontani

di Giulio Giallombardo

9 Luglio 2025

Un abbraccio lungo tutta l’Italia, che parte dalla Sicilia e arriva fino alle sponde del lago di Como. Nel profondo nord, tra i monti dell’Alto Lario, batte il cuore della Santuzza palermitana. A Brenzio, piccola frazione di Gravedona, la chiesa di San Giovanni Battista custodisce un patrimonio unico di reliquie di Santa Rosalia, tanto da essere considerata, come sottolinea don Francesco Marinoni, arciprete di Gravedona, “probabilmente la più ricca al di fuori di Palermo”. Un legame antico, che affonda le radici nella storia dell’emigrazione e nella fede popolare, e che oggi si prepara a vivere la gioia del Festino.

Brenzio, un tesoro nascosto tra le montagne

L’urna di Brenzio con le reliquie di Santa Rosalia (foto don Francesco Marinoni da Facebook)

Recentemente, in occasione dei 400 anni dal ritrovamento delle reliquie di Santa Rosalia sul Monte Pellegrino, la comunità pastorale San Francesco Spinelli ha condotto un’indagine sui reperti conservati a Brenzio. Tra pergamene miniate e documenti d’archivio, è emerso un quadro straordinario: la chiesa lombarda custodisce ben otto frammenti ossei della santa, tra cui un pezzo di ulna, un frammento della pianta del piede e uno della spalla. A questi si aggiunge una reliquia particolare, una piccola porzione di osso “fuso” nella roccia, inizialmente scambiato per un fossile. “Il documento del 1628 conferma che si tratta di un’altra autentica reliquia”, spiega don Marinoni, in un articolo pubblicato su La Provincia, evidenziando come questi resti siano giunti a Brenzio già pochi anni dopo la proclamazione di Rosalia come patrona di Palermo nel 1624.

Il busto argenteo di Peglio (foto don Francesco Marinoni da Facebook)

L’arrivo di queste reliquie non è un caso isolato. Tra il 1626 e il 1706, numerosi frammenti della santa raggiunsero anche altre località dell’Alto Lario: Vercana, Montemezzo, Dosso del Liro, Livo e Germasino. Ogni comunità le accoglieva come un dono prezioso, un segno di protezione contro la peste e il destino avverso. A Brenzio, il culto si radicò così profondamente da lasciare tracce nell’arte, nella cultura e persino nell’abbigliamento tradizionale, con le donne che indossavano costumi ispirati alle devote palermitane, arricchiti da gioielli con simboli legati alla santa.

Nella chiesa di San Giovanni Battista, inoltre, è custodito un dipinto che raffigura la Santuzza in primo piano e sullo sfondo una veduta di Palermo e del suo porto. Alla base della tela, accanto ad una processione di fedeli resa con minuzia descrittiva, corre l’iscrizione “Scolari panormus fecit per sua dovicione”, utile a individuarne la commissione.

Il legame tra Sicilia e Alto Lario: un caso di emigrazione “al contrario”

Il culto della Santuzza nel Nord Italia ha radici antiche. Le origini affondano nella storia dell’emigrazione, come racconta Silvia Fasana dell’Associazione Iubilantes. Tra il XVI e il XIX secolo, molti abitanti delle valli lariane, soprattutto dall’Alto Lario occidentale, partirono verso la Sicilia in cerca di fortuna. Un caso di emigrazione “al contrario”, si direbbe oggi, dal Nord al Sud. Palermo, con le sue opportunità commerciali, divenne meta privilegiata per scalpellini, orefici e tessitori. “Gli emigrati si riunivano in confraternite, le scholae, intitolate ai santi dei loro paesi d’origine”, spiega Fasana, in un articolo pubblicato sul sito Lombardi nel Mondo. Queste associazioni fungevano da rete di sostegno e mantenevano vivo il legame con la terra natale.

Il reliquiario floreale di Livo (foto don Francesco Marinoni da Facebook)

Quando, nel 1624, Santa Rosalia fu invocata per fermare la peste a Palermo, gli emigrati lariani abbracciarono il suo culto con fervore. Al loro ritorno, portarono con sé reliquie, opere d’arte e tradizioni, diffondendo la devozione anche in Lombardia. “Era un modo per sentirsi protetti e mantenere un legame con la Sicilia”, aggiunge Fasana. Le chiese locali si arricchirono così di tele pregiate, come quella di Pietro Novelli a Livo, e di reliquiari in argento, come quello floreale sempre a Livo e il busto custodito a Peglio. Le feste in onore della santa divennero occasioni di grande partecipazione popolare, seppure a volte contrastate dalle autorità ecclesiastiche per la loro vivacità.

Santa Rosalia nel mondo: da Palermo a Siviglia

La tela di Brenzio che raffigura Santa Rosalia

Ma il culto di Santa Rosalia non si limita alla Sicilia e all’Alto Lario. Nel resto d’Italia, la santa è patrona di Pegli, quartiere del ponente genovese, dove – secondo la tradizione – nel 1656 le sue reliquie fermarono un’epidemia di peste, e del borgo toscano di Tereglio, dove un altare a lei dedicato fu eretto nel 1631. All’estero, la sua fama raggiunse Praga: un bassorilievo nella città vecchia testimonia la gratitudine di una coppia miracolata durante un’epidemia. A Siviglia, invece, un busto reliquiario in argento fu donato dall’arcivescovo Jaime de Palafox y Cardona, che aveva guidato la diocesi di Palermo. Per non parlare del culto diffuso negli Stati Uniti e in Sudamerica grazie alle comunità di emigrati.

In Sicilia, oltre a essere la patrona di Palermo, Rosalia è venerata a Santo Stefano Quisquina, Bivona, Centuripe e in tanti altri paesi, dove grotte ed eremi ne ricordano la vita solitaria. Un culto che, partito dal Monte Pellegrino, ha attraversato confini e secoli, unendo comunità lontane in un’unica storia di fede e resilienza.