◉ AGRIGENTO
Si rialza il telamone del Tempio di Zeus, svelato il gigante di pietra ricostruito
Dopo quasi vent’anni di studi, riportata in posizione eretta una delle colossali statue che decoravano Olympieion. Alta quasi otto metri, è sostenuta da una struttura in acciaio studiata per comporre gli elementi lapidei che formano la figura. Il progetto prevede anche la prossima ricostruzione a terra di una parte della trabeazione e della cornice del monumento
di Redazione
29 Febbraio 2024
Era uno dei guardiani del colossale tempio di Zeus. I giganti che, allineati tra le colonne, sorreggevano l’architrave del monumento sacro, posizionati a 11 metri d’altezza. Da oggi un altra tessera preziosa si aggiunge al ricco mosaico della Valle dei Templi di Agrigento, aspettando il 2025, l’anno in cui la città sarà Capitale italiana della cultura.
Dopo quasi vent’anni di studi, ricerche e restauri il “gigante di pietra” dell’antica Akragas si è rialzato. Il telamone, una delle colossali statue antropomorfe dell’Olympieion è stato riportato in posizione eretta. La statua, alta quasi otto metri, è sostenuta da una struttura in acciaio studiata per comporre gli elementi lapidei che formano la figura ricostruita. Su una coppia di profili verticali sono ancorate mensole orizzontali, spesse pochi millimetri, dove sono collocati i singoli pezzi del telamone riassemblato.
L’intero progetto di musealizzazione dell’area dell’Olympieion, che finora è costato 500mila euro di fondi del Parco, include la prossima ricostruzione a terra di una parte della trabeazione e della cornice del tempio, in modo rendere un’idea più concreta delle dimensioni colossali e dell’unicità del monumento ma, nello stesso tempo, proteggere i reperti.
Questa mattina, alla presenza di autorità e rappresentanti delle istituzioni, il telamone è stato svelato. Presenti, tra gli altri, il presidente della Regione Siciliana, Renato Schifani; l’assessore regionale ai Beni culturali, Francesco Paolo Scarpinato; il direttore del Parco archeologico della Valle dei templi, Roberto Sciarratta; il sindaco di Agrigento, Francesco Micciché e il prefetto Filippo Romano. “Oggi – dice il presidente Schifani – è una giornata importante per Agrigento e per l’intera Sicilia. Questa città, che il prossimo anno sarà ‘Capitale italiana della Cultura’, arricchisce ancora di più il racconto della ricchezza della propria storia con un reperto che conferma la grandezza di quella che il poeta Pindaro definì ‘la più bella dei mortali’. Il telamone può essere visto come il simbolo di una terra che vuole rialzarsi puntando sull’identità e sull’unicità del suo patrimonio culturale”.
“Il telamone – aggiunge l’assessore Scarpinato – diventerà uno dei punti di attrazione della Valle dei Templi, un nuovo ambasciatore internazionale di un sito archeologico unico al mondo che, proprio a novembre scorso, ha superato il milione di visitatori in un anno. Grazie ad un progetto di valorizzazione, che include visite guidate, un progetto di realtà aumentata ed anche una particolare illuminazione per favorire le visite notturne, potremo far conoscere questa imponente opera alla comunità internazionale”.
UNO STUDIO LUNGO VENT’ANNI
Nel 2004 il parco della Valle dei Templi ha avviato un’estesa campagna di studi e ricerche sull’Olympieion affidata all’Istituto archeologico germanico di Roma (Dai Rome) e guidata da Heinz-Jürgen Beste. Lo studio, oltre a nuove conoscenze sul monumento, ha portato alla precisa catalogazione degli elementi ancora in situ. Sono stati così individuati più di 90 frammenti che appartenevano ad almeno otto diversi telamoni e, di uno di essi, si conservavano circa i due terzi degli elementi originari che lo componevano. Questo nucleo omogeneo di blocchi è stato utilizzato per la ricostruzione del telamone, “fratello” di quello già ricostruito a fine Ottocento, ospitato al Museo archeologico “Pietro Griffo” dove è tuttora. Il curatore del progetto è l’architetto Carmelo Bennardo, attuale direttore del Parco archeologico di Siracusa, mentre l’esperto scientifico è l’architetto Alessandro Carlino.
“Il lavoro che abbiamo condotto sul telamone e sull’intera area dell’Olympeion risponde perfettamente alla nostra mission di tutela e valorizzazione della Valle dei templi, insieme all’identificazione, conservazione, studi e ricerca, e la promozione di ogni intervento che porti lo sviluppo di risorse del territorio – dice Roberto Sciarratta – . Sin dal 2019, da quando sono alla guida del Parco, ho fatto mio il progetto del precedente direttore Pietro Meli, ma ho anche risposto al grande fascino esercitato da questi colossi di pietra, dal tempo antico ad oggi”.
COME ERA L’OLYMPIEION

Modellino del tempio di Zeus esposto al museo archeologico nazionale di Agrigento (foto poudou99, licenza CC BY-SA 3.0)
Il tempio di Zeus Olimpio sorgeva a sud della città antica, sulla parte occidentale della collina dei Templi. Venne eretto in segno di ringraziamento per la vittoria di Akràgas sui Cartaginesi dopo il 480 avanti Cristo per celebrare il prestigio del tiranno Terone e furono escogitate soluzioni architettoniche mai viste prima, come le altissime semicolonne scanalate, in ognuna delle quali “poteva stare comodamente un uomo” (scrive Diodoro Siculo). Di dimensioni colossali, basti pensare che misurava circa 112 per 56 metri (il Partenone ad Atene misura 69,54 per 30,87 metri), occupava 6340 metri quadrati e fu realizzato in blocchi di calcarenite locale. A pianta inusuale (7 semicolonne doriche sui lati corti e 14 sui lati lunghi), con l’architrave, composto da tre filari di blocchi, sormontato da un fregio dorico, dal geison e dalla sima. Negli spazi tra le colonne, a circa 11 metri d’altezza, erano posizionati i telamoni, nell’atto di reggere con le braccia un gravoso carico. Il tempio fu irrimediabilmente compromesso da un terremoto nel 1401, poi depredato nel 18esimo secolo e i suoi blocchi utilizzati per costruire il molo di Porto Empedocle.
Con il tempio della Concordia e i templi di Paestum, l’Olympieion affascinò viaggiatori ed eruditi tra ‘700 e ‘800, soprattutto Winckelmann, padre della moderna storia dell’arte, che ne sottolineò le dimensioni enormi paragonando le sue colonne a quelle di San Pietro. Con il contributo delle incisioni e degli acquerelli di Jean Houel e Philipp Hackert, nacque il mito del misterioso Olympieion. Gli archeologi si interrogavano su dimensioni e struttura, ma fu un giovane architetto britannico, Charles R. Cockerell, nel 1812, a individuare per primo l’esistenza dei Telamoni – riconobbe una testa rinvenuta durante scavi borbonici, erroneamente attribuita al frontone – e combinarli in una prima figura.
Sarà poi Pirro Marconi, intorno al 1920, a portare alla luce i diversi reperti che oggi fanno parte dell’attuale progetto di musealizzazione; e fu l’allora sovrintendente Pietro Griffo nel 1965, a collocare nel neonato Museo archeologico (a lui oggi intitolato) il primo Telamone ricostruito. Negli anni successivi, il crescente interesse per i resti dei misteriosi colossi mai menzionati nella descrizione del tempio fatta da Diodoro, ha visto proseguire un acceso dibattito internazionale tra gli archeologi, che prosegue tutt’ora.
L’ACCESSO AL PARCO
Il Parco Valle dei templi, con il supporto di CoopCulture, ha già annunciato eventi formativi per le guide turistiche a cui parteciperanno studiosi e archeologi coinvolti nel progetto di musealizzazione. È stata integrata, inoltre, l’app gratuita per i visitatori della Valle con notizie sul telamone e sull’antico Olympieion e sono stati realizzati cartelli esplicativi in italiano e inglese lungo il percorso che conduce all’area del tempio. Sempre a cura di CoopCulture, nella prima domenica del mese (3 marzo, alle 16) a ingresso gratuito sarà invece organizzata una visita laboratorio, quasi una caccia al tesoro tra i ruderi del tempio, per bambini tra 6 e 12 anni che potranno così scoprire le caratteristiche, i segreti e le curiosità dell’antica e colossale struttura. Altre iniziative coinvolgeranno gli studenti dell’Accademia di Belle Arti di Agrigento: si sta lavorando a un puzzle in 3D che resterà nel Parco e all’organizzazione di giornate di “disegno en plein air”, sullo stile degli acquerellisti del Gran Tour, usando le diverse tecniche artistiche.