◉ REPORTAGE
Viaggio tra i murales dello Sperone: palazzi come tele per rinascere con l’arte
Nel popoloso quartiere di Palermo, sono state realizzate negli ultimi quattro anni otto pitture urbane di grandi di dimensioni e una serie di graffiti e installazioni a cielo aperto. Sono un primo passo verso la riqualificazione e il rilancio di un’area per troppo tempo ai margini
di Carola Arrivas Bajardi
23 Ottobre 2023
di Carola Arrivas Bajardi
Fuori dai soliti percorsi, fuori dal centro, fuori dai musei, la street art è un megafono capace di dar voce ai bisogni inespressi delle città. Un nuovo modello di museo, diffuso, partecipativo e accessibile a tutti, che sta segnando il volto delle metropoli contemporanee. A Palermo la street art ha trovato un terreno fertile nelle molteplici aree marginalizzate, situate non solo in periferia, ma anche nel cuore della città antica, come ad esempio a Danisinni (ne abbiamo parlato qui). Nel quartiere Sperone di Palermo una serie di interventi di arte urbana, se pur realizzati in tempi diversi, dialogano perfettamente tra di loro e con i luoghi. Otto murales di grandi dimensioni e una serie di altri graffiti e installazioni a cielo aperto, sono stati realizzati negli ultimi quattro anni e costituiscono un primo passo verso la riqualificazione e il rilancio del quartiere.

Opera tra le strade dello Sperone
Lo Sperone è un quartiere ai margini della città, i cui palazzi degli anni Settanta campeggiano tutti uguali dentro spazi anonimi, affacciandosi su di un mare negato. Il nome del quartiere deriva da un’antica usanza secondo cui i cadaveri dei banditi giustiziati venivano appesi a degli uncini (speroni appunto) come monito per la povera gente.
Oggi, grazie alla street art, i “non luoghi” marginalizzati dello Sperone stanno riacquistando una loro identità. La gente del posto, che spesso non chiede altro che vivere dignitosamente, si riappropria dei propri spazi strappandoli metro per metro dalle mani della criminalità dello spaccio e della droga. I murales dello Sperone sono stati voluti da più parti con l’intento comune di portare l’arte alle persone, nella convinzione che i luoghi influenzano ciò che siamo e ciò che pensiamo. In un clima di sfiducia verso le istituzioni, questi interventi artistici sono nati dal basso attraverso una proficua alleanza tra la cittadinanza attiva e gli artisti.

Graffito sui muri del quartiere
Finanziati inizialmente da associazioni, fondazioni, club e attività commerciali, questi progetti sono stati sostenuti anche da campagne di crowdfunding e hanno ricevuto il sostegno di grandi nomi della musica e dell’arte. I cambiamenti profondi, si sa, nascono sempre dal basso. Se allarghiamo lo sguardo ci accorgiamo che quella dello Sperone è solo una delle tante “periferie” urbane del mondo globalizzato. Ed è innegabile che puntare i riflettori dell’arte su queste realtà può avere un impatto strategico positivo per tutti i cittadini. Proprio da qui, infatti, partono le grandi sfide per il futuro. Il noto architetto Renzo Piano considera le periferie i nuovi centri propulsivi delle città contemporanee e sostiene che la loro rigenerazione è la missione architettonico-urbanistica di questo secolo: “Difendo le periferie anche perché sono la città del futuro, che noi abbiamo creato e lasceremo in eredità ai figli. Dobbiamo rimediare allo scempio fatto e ricordarci che il 90 per cento della popolazione urbana vive nelle zone marginali”.
I murales dello Sperone, così come quelli realizzati in altri quartieri di Palermo (ad esempio “Antropocene” realizzato recentemente a Falsomiele dai fratelli palermitani Ektor e Wars) costituiscono il primo passo verso la riappropriazione rigenerativa e il rilancio di luoghi marginalizzati. Infatti è proprio attraverso l’arte urbana che si riesce a portare l’arte in contesti difficili e ad affrontare tematiche scottanti, come quelle legate ai diritti e all’ambiente. Queste opere tracciano nuovi percorsi di autodeterminazione e ci invitano a guardare oltre i muri anonimi sui quali vengono dipinte, per vedere le vite che vi scorrono dentro. Puntano a scardinare uno per uno i pregiudizi e combattono ogni forma di negazione e di potenziale inespresso.

Igor Scalisi Palminteri, “Sangu e latti”
Ciò che rende lo Sperone di Palermo un esempio interessante di street art è la presenza di un campionario di muralistica contemporanea in cui si incrociano con stili differenti artisti internazionali, con storie e formazioni diverse. Ognuno degli otto murales ha la sua storia e porta con sé un messaggio diverso, ma tutti insieme convivono perfettamente perché comuni sono gli intenti: accendere i riflettori su temi sociali importanti, come i diritti negati, primo fra tutti quello di sognare per le nuove generazioni.
Il primo muralista ad intervenire nel quartiere è stato Igor Scalisi Palminteri, che ha realizzato nel 2019 il murale “Sangu e latti”. L’opera – commissionata dall’associazione “L’Arte di Crescere” Odv, nell’ambito del progetto “Allattamento e comunità accogliente”, che si occupa di allattamento al seno – ha come soggetto una donna che allatta il proprio figlio. Qui Igor è riuscito letteralmente a toccare il cielo con un dito. Si coglie perfettamente la naturalezza con cui questa donna, una madonna contemporanea, è raccolta con il proprio bambino nell’intimità e nell’abbandono dell’allattamento materno.

Igor Scalisi Palminteri, “Quello che rimane dopo una mareggiata”
Artista molto prolifico, Palminteri ha realizzato allo Sperone ben quattro murales. Diplomatosi in Pittura all’Accademia di Belle Arti di Palermo, pone una particolare attenzione all’incarnato pittorico dei volti, come nel murale che raffigura Biagio Conte intitolato “Quello che rimane dopo una mareggiata”. Quest’opera più che una commemorazione è una denuncia. “Nel dipingere fratel Biagio, vogliamo denunciare il fatto che questo luogo ha bisogno delle nostre attenzioni”, afferma Igor.

Igor Scalisi Palminteri, “Io sono te”
L’artista, che ha fatto parte per sette anni dell’ordine dei frati cappuccini, riesce nelle sue opere a trasferire con semplicità francescana messaggi forti, capaci di arrivare diritto al cuore. I suoi murales ci ricordano che ognuno di noi, esattamente dove si trova, può fare la differenza. Come nell’opera “Io sono te” dedicata all’infanzia e inaugurata il giorno in cui la scuola Sperone-Pertini è tornata ad accogliere i bambini dopo il lockdown.

Giulio Rosk, “La ragazza del futuro”
I giovani sono tra i soggetti più frequenti dei murales e spesso i loro occhi stracolmi di sogni ci guardano tra i palazzi della città. Come quelli di Gaia, la protagonista del murale iperrealista “la ragazza del futuro ” realizzato dall’artista di strada Giulio Rosk su un altro dei palazzi del quartiere. Il murale rappresenta una ragazzina che frequenta la scuola Sperone-Pertini e porta il titolo di un album del cantautore italiano Cesare Cremonini, che ha anche inaugurato il recupero di un campetto di calcio della scuola.

Chekos, “Fatue e Andrea”
Altri due ragazzi, Fatue e Andrea, gridano al mondo il loro (e anche il nostro) bisogno di pace. L’opera è stata realizzata dal leccese Chekos, artista tra i più noti del panorama nazionale, conosciuto anche all’ estero e giunto a Palermo con il progetto “Sperone 167”, grazie ad un interscambio tra il quartiere dello Sperone e il quartiere 167 di Lecce. Chekos si è trasferito a Milano a soli 13 anni dove si è formato nel mondo underground del graffitismo. Il suo linguaggio grafico, infatti, proviene prevalentemente dalla strada e gli permette di creare un filo diretto di comunicazione con le nuove generazioni.
Sono invece argentine le uniche due donne artiste presenti allo Sperone. Le Medianeras raggiunto ormai una fama internazionale e sono presenti con le loro opere in diverse parti del mondo. Intervengono allo Sperone con un murale che trasmette un messaggio di uguaglianza di genere e di pari opportunità, un inno alla libertà che, proprio per questo, non ha un titolo.

Il murale delle Medianeras
Le due artiste hanno un deciso stile personale e il loro intervento si inserisce perfettamente nel contesto architettonico e urbano. All’interno del sodalizio artistico, una delle due è architetto e questo lo si percepisce subito dal loro spiccato approccio progettuale. Le Medianeras prestano sempre molta attenzione alla tavolozza cromatica dei luoghi in cui si inseriscono e sono in grado di generare armonia quasi dal nulla, facendo emergere dal grigiore gli anonimi palazzi delle periferie. L’intervento dello Sperone raffigura due corpi fragili ma allo stesso tempo forti e in continua evoluzione; colori e segni grafici esprimono in maniera forte l’idea del movimento, del cambiamento, della fluttuazione.
Ma l’artista più internazionale di tutti è Millo, che interviene per la prima volta a Palermo proprio allo Sperone, e lo fa con il suo stile inconfondibile. Di origini pugliesi come Chekos, Francesco Camillo Giorgino, in arte Millo, ha compiuto gli studi di architettura, ma la sua più grande passione, fin da bambino, è sempre stata quella del disegno. E quando un giorno è riuscito a farla coincidere con la sua stessa vita è diventato un’artista di fama internazionale.

Millo, “Adduma”
Lo stile di Millo, timidamente surreale, è in grado di trasmettere più di ogni altro l’angoscia esistenziale del mondo contemporaneo. Il suo segno distintivo è l’utilizzo di sfondi sempre uguali, in cui ambientazioni di carattere metropolitano sembrano essere state tracciate con un pennarello nero su un foglio di carta bianco. Metropoli affollate e frenetiche, rese uguali dalla globalizzazione, e palazzi anonimi vengono raffigurati in prospettiva isometrica. Un tipo di rappresentazione questa, che si rifà probabilmente ai suoi studi di architettura.
In questo modo Millo ottiene un effetto di schiacciamento che ci fa percepire l’ansia e lo stress della metropoli contemporanea. Da questo sfondo anonimo emergono, anche grazie al colore, i protagonisti. Nel murale dello Sperone un ragazzo emerge dal fondo uscendo da una botola sospesa sulla città e accende una lampadina per salvarsi. L’opera, che non a caso si intitola “Adduma”, illumina, come in un sogno, una condizione esistenziale collettiva. Ai piedi del murale di Millo con alcuni fondi rimasti è stato recuperato un campo da bocce da spazi abbandonati e gli abitanti del quartiere hanno partecipato spontaneamente dipingendo i muretti del campo con i colori rimasti dall’intervento delle Medianeras.
Ognuno di questi artisti, a ben guardare, ha acceso una luce nel quartiere e ha puntato un riflettore su una realtà o una condizione sociale che merita attenzione e riscatto. Da ognuno di questi murales (che si possono scoprire sabato 28 ottobre nel corso di una passeggiata in occasione del festival Le Vie dei Tesori, qui per prenotare) è nata una scintilla che ha generato altri interventi più o meno spontanei: graffiti, laboratori didattici e artistici, recupero di luoghi di aggregazione, di condivisione e di sport.
Grazie a questi interventi spazi urbani dove prima sembrava impossibile sostare, iniziano a riprendere colore e vita, “non luoghi” escono timidamente dall’oblio. La forza rigenerativa delle arti visive può riportare al centro luoghi e storie spesso relegati al margine, innescando processi virtuosi e rigenerativi. E poi, come diceva il grande Bruno Munari sperimentando nuove forme d’arte “da cosa nasce cosa”. Proprio per questo gli interventi artistici nati allo Sperone sono l’espressione di un bisogno collettivo che va ascoltato, incoraggiato e accompagnato. Uno strano processo di “umanizzazione urbana” è ormai in atto. La gente del quartiere attende già il prossimo murale che, a quanto pare, vedrà la luce nei prossimi mesi.
(Foto Carola Arrivas Bajardi)