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Il tesoro sepolto sulle Madonie: nuovi progetti per la villa romana di Santa Marina

Gli scavi sono fermi da 2019 nell’area archeologica di Petralia Soprana, dove si trovano i resti di una dimora romana di età imperiale. L’associazione intitolata a Gaetano Messineo, primo a scavare nel sito, ha reso fruibile il percorso di visita e, in attesa di nuove ricerche, provvederà alla messa in sicurezza delle rovine

di Giulio Giallombardo

26 Marzo 2024

C’è un angolo delle Madonie dove, camminando tra boschi e uliveti, è facile imbattersi in frammenti di colonne romane, cocci di antiche ceramiche e terracotte, tracce di mura. Sono pezzi di storia che affiorano dal terreno, in gran parte ancora da esplorare. Che la villa romana di contrada Santa Marina, tra i borghi di Pellizzara e Raffo, nel territorio di Petralia Soprana, sia soltanto una piccola porzione di un insediamento rurale più esteso e complesso, è una tesi condivisa ormai dagli archeologi.

L’area archeologica di Santa Marina

Dal 2019 non si scava più nell’area dei terreni che erano della famiglia di Gaetano Messineo, archeologo petralese e funzionario della Soprintendenza di Roma, scomparso nel 2010 e primo ad avere avviato la campagna alla ricerca dell’antica Petra. Una folgorazione iniziata negli anni ’50, quando il padre Giuseppe Messineo, durante l’impianto di un vigneto, si accorge dei ruderi di quella che poi si sarebbe scoperto essere una villa romana di età imperiale, fondata tra il Primo secolo avanti Cristo e il Primo dopo Cristo. La scoperta segna per sempre la vita di Gaetano Messineo, che da bambino con i fratelli Ernesto e Maurizio, vede affiorare pian piano il colonnato della villa durante i primi saggi condotti in collaborazione con Giosuè Meli, allora giovane assistente della Soprintendenza di Palermo, lo stesso che scoprì i graffiti nelle grotte dell’Addaura.

Così, sessant’anni dopo, nel 2008, sarà proprio Gaetano Messineo, diventato docente universitario a L’Aquila, a chiedere l’autorizzazione per la prima campagna di scavo a Santa Marina, che si è svolta con il patrocinio dell’Università e della Soprintendenza di Palermo, e alla quale ha preso parte un gruppo di suoi studenti de L’Aquila. Una missione che, dopo la morte dell’archeologo, è andata avanti grazie al lavoro dell’associazione a lui intitolata, che ha svolto diverse campagne di scavo fino al 2019 e oggi si propone di valorizzare e mettere in sicurezza il sito archeologico, aprendolo alla visite.

La dimora nobiliare di contrada Santa Marina

“La pandemia ha reso difficili nuovi scavi e dopo non si è più fatto nulla per mancanza di fondi, ma nel frattempo stiamo lavorando per rendere fruibile il percorso all’interno dell’area archeologica e il Comune ci ha affidato la gestione del museo archeologico di Petralia Soprana”. A raccontare a Le Vie dei Tesori quale sarà il futuro di villa Santa Marina è l’architetto Carmela Burgio, ex  dirigente della Soprintendenza di Palermo, oggi nel direttivo dell’Associazione Gaetano Messineo. Dal 2020, con la famiglia Calderaro, è proprietaria della tenuta Santa Marina, dove si trovano i resti della villa romana, ma anche una grande dimora nobiliare e un’azienda agricola che produce olio biologico e foglie d’ulivo per uso alimentare.

“Ho seguito gli scavi sin dall’inizio con il professore Messineo – prosegue Burgio – ma in questo momento la convezione tra l’associazione e la Soprintendenza e scaduta. È bene dire che di recente, anche a livello nazionale, non sono stati più autorizzati scavi in proprietà private. Non è una legge, ma una prassi recente. Forse perché in più occasioni i proprietari chiedono di essere ricompensati per quello che si trova durante le ricerche”.

L’area della villa romana

Eppure, gli scavi potrebbero dire ancora molto sulla zona, dove nel 2013 sono state scoperte anche delle sepolture in terra, con i resti di due scheletri risalenti a un periodo che va dall’800 al 1100 dopo Cristo, a cavallo fra il periodo di dominazione araba e la conquista da parte dei normanni di Batraliah. Gli esperti hanno recentemente confermato che la villa romana potrebbe non essere stata una semplice masseria rustica: il colonnato e alcuni oggetti trovati durante gli scavi, come la placchetta in osso raffigurante una testa di Sileno, fanno pensare che si trattasse di una dimora più importante, abitata da un personaggio in vista.

“Questo presuppone – aggiunge Burgio – che tutto intorno alla villa ci potesse essere un borgo, un insediamento più grande fatto da altre dimore rustiche più piccole. Altri reperti nella zona fanno pensare a insediamenti minori come importanza ma della stessa epoca”. Ma per scoprirlo occorrerebbe avviare impegnative campagne di scavi e soprattutto, compromettere l’intero uliveto della proprietà. “Avevamo individuato un’area di espansione dello scavo attuale che si potrebbe indagare, d’accordo con la Soprintendenza, e si potrebbero fare ispezioni mirate in altri punti. Noi camminiamo nel bosco e ovunque troviamo reperti”.

Ma fino a quando gli archeologi dell’Associazione Messineo non potranno avviare nuove campagne di ricerca, restano i progetti di tutela, valorizzazione e fruizione dell’area. “In attesa di nuovi scavi, abbiamo in cantiere un intervento di messa in sicurezza del sito, mantenendo le strutture visibili – dice l’architetto – . Ma tutto l’area è ricchissima. Oltre ai resti della villa, c’è una grotta visitabile che si raggiunge con un bel sentiero attraverso il bosco che abbiamo reso fruibile e anche un vecchio trappeto con una macina in pietra che vorremmo presto aprire alle visite”.