◉ L'EVENTO

Palermo abbraccia la sua Santuzza: oltre 350mila persone nella notte del Festino più atteso

Un lungo e scenografico corteo ha seguito l’evento firmato da Marco Balich in occasione dei 400 anni dal ritrovamento delle spoglie della patrona. Da Palazzo Reale al Foro Italico, oltre 4 ore di spettacolo tra videoproiezioni, giochi di luce, musica e performance per celebrare Santa Rosalia

di Giulio Giallombardo

15 Luglio 2024

Un’enorme statua d’oro con il braccio alzato e una rosa rossa sul palmo della mano. In piedi, maestosa su un carro-giglio che evoca l’opulenza barocca, Rosalia è come un totem gigante a cui si lega un’intera città, stretta da un culto che va al di là della semplice devozione. Il 400esimo Festino di Palermo, firmato da Marco Balich, sfila nel cuore del centro storico per oltre quattro lunghe ore. Tra il buio della peste a Palazzo Reale fino alla luce dei fuochi al Foro Italico, c’è tutta Palermo, con i suoi chiaroscuri. Sono più dei 300mila annunciati alla vigilia – almeno 350mila se non di più, dicono dal Comune – a sfidare un caldo soffocante, sciamando per ogni strada e vicolo del centro storico, nonostante ingressi contingentati e transenne che a tratti hanno reso difficile il percorso.

Il carro dal Palazzo Reale si sposta verso la Cattedrale (foto Giulio Giallombardo)

Una festa che è filata liscia, a parte qualche prevedibile ritardo, come nel primo quadro a Palazzo Reale, iniziato alle 21,30, mezz’ora dopo l’orario previsto. L’oscuro velo della peste copre la statua sul carro e simbolicamente tutta la piazza. Le videoproiezioni di Odd Agency trasformano la Torre Pisana in un mare in tempesta solcato dalle navi portatrici del contagio e da figure misteriose. Capitanati dalla “peste” interpretata da Maurizio Bologna, danzatori e performer del Circ’Opificio, Batària Siciliana e Studio Danza 2, danno vita a un macabro corteo di monatti, prefiche, afflitti, mentre giocolieri sputano fuoco dalla terrazza del palazzo.

Giocolieri del fuoco a Palazzo Reale (foto Giulio Giallombardo)

Il carro con la santa velata si sposta verso la Cattedrale, dove la speranza finalmente si rivela. I performer si liberano dai costumi di tenebre per rivelare un involucro bianco-dorato. Da afflitti si trasformano in resilienti. Sono loro a liberare il carro dal velo nero, svelando così la statua di Rosalia che s’illumina d’oro. È allora che si libera il canto del trio Il Volo sulle note della romanza “Nessun dorma” dalla Turandot di Puccini seguita da “Capolavoro” . Un canto che si trasforma nell’inno a Santa Rosalia, intonato dal Coro delle voci Bianche del Teatro Massimo, che accompagna l’ingresso della Fanciulla, interpretata dalla piccola Margherita Agate, simbolo di speranza. La giovane ragazza intona una preghiera e depone un mazzo di fiori ai piedi della statua della Santa. È il sacro momento della benedizione al carro, celebrato dall’arcivescovo Corrado Lorefice e sottolineato dalle campane della Cattedrale.

Vicolo Brugnò (foto Giulio Giallombardo)

“A chi vogliamo lasciare la nostra città, i nostri quartieri, le nostre case, le nostre strade? – ha detto l’arcivescovo -. A questa nuova peste che sta contagiando i nostri giovani. Ci invade sotto i nostri occhi. Si diffonde come cosa ordinaria il consumo di crack e di altre droghe”. Poi il riferimento alla mafia, con le citazioni dei nomi dei martiri della città come Paolo Borsellino, Giovanni Falcone e Pino Puglisi. “L’organizzazione mafiosa sta tentando di ritrovare nuove risorse attraverso il rinnovato impegno nel campo del traffico di stupefacenti. Gridiamo forte stasera nel Festino di Rosalia il nostro desiderio di riscatto dalla mafia. A viso aperto. A cielo aperto. No alla mafia. Sì ai nostri figli. Convertitevi anche voi mafiosi”.

Folla in vicolo Brugnò (foto Giulio Giallombardo)

Un’invettiva dura a cui segue un festoso corteo con le quattro sante compatrone – Cristina, Ninfa, Oliva e Agata –  , figure altissime che spiccano nei loro preziosi costumi densi di riferimenti simbolici, mentre dalla Cattedrale escono gruppi di danza popolare e rappresentanti del folklore siciliano. Al carro trionfale si unisce quello delle luminarie di Domenico Pellegrino, su cui si esibiscono gli artisti.

Il passaggio del carro ai Quattro Canti (foto Giulio Giallombardo)

Si arriva così al cuore della festa. Ai Quattro Canti, la voce di una figura femminile elegante e maestosa – La Rosa, interpretata da Alessandra Ponente – accoglie la processione con un canto. Le quattro sante si dispongono intorno al Quattro Canti nella loro sede originaria, a loro si unisce in proiezione di San Benedetto il Moro, compatrono della città, dando vita all’architettura del Teatro del Sole. Sulle facciate dei Quattro Canti “sbocciano” le rose e nel momento in cui il canto raggiunge il suo culmine, la corona sul capo di Rosalia s’illumina e il sindaco Roberto Lagalla si prende la scena con il tradizionale triplice grido: “Viva Palermo e viva Santa Rosalia”. Così la Santuzza è incoronata, è il momento della vittoria definitiva della speranza sulle tenebre. La corona di rosa esplode di luce e la festa della gioia può iniziare.

La statua ai Quattro Canti (foto Simonetta Trovato)

Il corteo continua a scendere lungo il Cassaro fino a Porta Felice. Gruppi di tamburinai si dispongono in alto sui balconi e alla base delle torri, creando un ritmo incalzante e celebrativo che accompagna la parata. Dal balcone di Porta Felice, il messaggero interpretato da Salvo Piparo, svela simbolicamente un grande specchio sospeso, con su scritto “La speranza siamo noi”. Immagine simbolo dell’anniversario rosaliano che, specchiandosi idealmente sul corteo, celebra la comunità. A brevi intervalli le luci cambiano, rivelando dietro lo specchio un’immagine olografica della statua originale di Santa Rosalia benedetta durante la cerimonia sul Monte Pellegrino lo scorso 26 maggio. Così, la danza esplode unendo tutti in una celebrazione della gioia ritrovata.

Il carro ai Quattro Canti (foto Giulio Giallombardo)

Un tripudio che prosegue più avanti, al Foro Italico, con il lunghissimo  spettacolo di fuochi d’artificio che termina alle 2. Un’ora con gli occhi all’insù nella notte della Santuzza.

Luminarie sul Cassaro (foto Giulio Giallombardo)